Presentazione del libro "Gli Alti Bruzi" di Luigi Paternostro

La reciproca stima ed amicizia, che mi lega al Prof. Luigi Paternostro, frutto di una lunga frequentazione personale e culturale, iniziatasi da quando (io adolescente, lui giovanissimo insegnante) ebbi la fortuna di averlo come “Maestro” per la preparazione agli esami di ammissione alla Scuola Media, continuatasi poi negli anni con frequenti scambi di idee, di problematiche scolastiche e culturali, per comunanza di ideali e di interessi per le tradizioni della nostra Mormanno, viene oggi ancor più ad essere ribadita in occasione della presentazione di questo suo pregevole lavoro, del quale egli cortesemente mi ha dato l’opportunità di seguire lo sviluppo e nel quale ha voluto inserire una mia intervista, cosa di cui mi sento molto onorato e vivamente lo ringrazio. Ma l’occasione odierna mi offre la possibilità di tentare alcune brevissime riflessioni di carattere culturale, evitando così la tentazione di continuare sulla strada degli encomi personali, a volte indispensabili, in questo caso quasi inutili per la profonda stima di cui l’amico Gino gode nella nostra comunità. Questo lavoro del Prof. Paternostro colma una grande lacuna nella tradizione culturale Mormannese, in quanto per la prima volta si porta alla luce un patrimonio linguistico che rischiava di andare disperso.
Guardando bene entro il nostro patrimonio lessicale, individuando cioè la formazione delle parole, precisando i conflitti ed i contatti che si sono operati con altri idiomi e con altre culture, si può cogliere il lungo e complesso travaglio che ha vissuto l’esperienza storica ed umana del nostro popolo, della nostra società. Non si deve dimenticare che al di là del materiale linguistico sottoposto ad indagine si agita la realtà umana con i suoi interessi ed, affetti, con la forza della tradizione e di innovazione che ne formano l’essenza.
E proprio per ciò che sottintende, per ciò che rappresenta, il patrimonio linguistico di una comunità non va disperso, in quanto, verso di esso si determina un attaccamento affettivo generato da un umanissimo sentimento di coappartenenza ad un comune ceppo etnico-linguistico. La perdita di questo sentimento determina la perdita della memoria storica, il non riconoscimento di un valore ideale della continuità del passato, della tradizione nel mondo d’oggi.
Tutto ciò fino ad ora era stato trascurato ed il lavoro del Prof. Paternostro tende invece al recupero ed alla valorizzazione di questo patrimonio linguistico e culturale più in generale. Oggi nel nostro paese esistono vari tipi di linguaggio; quello parlato dalle persone prive di cultura, che in sostanza conosce solo il dialetto anche se non usa più i termini più arcaici; quello della persona di media cultura che mischia nel linguaggio dialettale più o meno consapevolmente, le forme di una lingua più alta di cui ha conoscenza e che usa in particolari circostanze; poi vi è la persona che fornita di una certa cultura inconsapevolmente rivela nel suo linguaggio colto quello dialettale, che non ignora. Quindi il dialetto è ancora radicato nella vita di ognuno di noi che viviamo in questa comunità; ed allora tanto vale conoscerlo bene, perché non solo non è utile sostituire il passato reale con il falso presente, ma soprattutto perché le testimonianze del passato sono beni o valori di notevole pregio e quindi degni di sopravvivere.
Che è operazione culturale meritevole e dovuta. La cultura infatti costituisce un insieme di conoscenza e di capacità esistenziali, fuso con la vita stessa e come questa dinamico,e farsi una cultura significa formarsi, educarsi nell’ambito di tutto il gruppo sociale cui si appartiene, senza perdere la propria personalità, per cui intellettuale non è colui che ha studiato, che ha una facile loquela, che è parte di èlite chiusa, avulso dal contesto sociale. Oggi l’intellettuale è colui che riesce ad organizzare la propria vita e la propria esistenza operando con gli altri, in modo da ricevere e continuamente trasmettere le proprie conoscenze, i frutti della propria attività.
Ogni conoscenza, dunque, deve essere tale da venire utilizzata dall’ambiente sociale in cui ogni essere umano vive e produce, per cui la cultura diventa un fatto di vita e non solamente di sapere. Ma la cultura non può prescindere dall’istruzione, dallo studio, dal lavoro, dalla ricerca; ma credo soprattutto non possa prescindere dalla conoscenza del proprio passato storico, per poter vivere il presente e progettare il futuro. A queste mie brevi e frammentarie considerazioni mi sembra che risponda l’opera del Prof. Paternostro, che potrà costituire una piacevolissima lettura prima, un valido strumento di approfondimento poi, per tanti giovani e meno giovani.
Chiudo con l’ augurio che questo lavoro del Prof. Paternostro possa essere una provocazione culturale, quasi lievito capace di far crescere, nei giovaniil desiderio di sempre più vasti approfondimenti culturali. Oggi si ha purtroppo l’impressione che l’economia dell’assistenzialismo abbia prodotto nella nostra Regione e qui a Mormanno una cultura dell’assistenzialismo, basato, sull’effimero, sul tutto e subito perché poi è tardi, sulla prospettiva di modi di vita estranei alla tradizione, alla sagacia, alla operosità, allo spirito di iniziativa individuale, soprattutto estranea alla mentalità delle nostra genti, che si sono fatte da sé.
Anche in questo senso, un recupero della tradizione autentica non potrà che far bene alle giovani generazioni.

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