L’uomo e il tempo : La Riforma Gregoriana (Parte finale)

L’uomo e il tempo : La Riforma Gregoriana (Parte finale)
Il nuovo calendario romano, che giustamente venne chiamato “giuliano”, restò in vigore per molti secoli in tutti i paesi dell’Impero romano.
Basato sulla durata dell’anno astronomico, valutata da Sosigene, in 365.25 giorni, rispetto alla realta’ manifestava ancora una piccola differenza, dato che l’anno dura esattamente giorni.
Il piccolissimo scarto dalla realta’ comportava un lievissimo slittamento del calendario rispetto alla situazione astronomica, ma esso era talmente esiguo ( 0.78 giorni al secolo) che poteva avere una qualche influenza sul calendario solo dopo molti secoli.
Tale slittamento tra calendario e astronomia oggi, dopo 2.000 anni, sarebbe stato soltanto di 13 giorni, quindi davvero quasi trascurabile, se una nuova errata regola religiosa non l’avesse nel tempo modificato!
Nel 325 l’imperatore Costantino il Grande convoco’ a Nicea, in Bitinia, un famoso Concilio Universale che non solo condanno’ solennemente l’arianesimo. ma promulgo’ anche la regola generale per stabilire la data in cui celebrare annualmente la festa della Pasqua
.Il Concilio stabilì che “Tutte le Chiese celebreranno la Pasqua nella domenica che segue il plenilunio successivo all’equinozio di primavera”.
Avendo però osservato le irregolarita’ del moti del Sole e della Luna, gli astronomi alessandrini indicarono il 21 marzo come la data in cui a quell’epoca si verificava l’equinozio primaverile; cosi il concilio di Nicea stabili che nella regola della Pasqua per “equinozio” si dovesse intendere il marzo e per “Luna Piena” la Luna che segue di 14 giorni il novilunio.
Ma nel calendario giuliano la non perfetta durata dell’anno solare faceva allontanare piano piano il 21 di marzo dall’equinozio di primavera, al ritmo di 8 decimi di giorno al secolo, e pertanto col passare dei secoli lo sfasamento comincio’ a divenire sensibile, per cui nel 1582 dal Papa Gregorio XIII vennero adottate le azioni necessarie, quasi 13 secoli dopo il Concilio di Nicea.
Durante il suo papato gli astronomi del tempo, e soprattutto Egnatio Danti , gli dimostrarono, senza possibilita’ di dubbio, che dal tempo del Concilio di Nicea (325 A.C.) il calendario era rimasto indietro di 10 giorni rispetto al Sole; il 21 marzo, quindi, il Sole non si trovava piu’ all’equinozio, ma lo aveva passato di ben giorni.
Nella Torre dei Venti del Vaticano vi e’ ancora, tracciata sul pavimento del solaio, la linea meridiana sulla quale Egnatio Danti dimostro’ al Papa che il Sole passava sull’equinozio l’ 11 marzo, anziche’ il marzo.
Per apportare le necessarie correzioni e mettere d’accordo calendario e Sole, nel 1582 il Papa decise di adottare il brillante studio del calabrese Luigi Lilio (presentato dal fratello Antonio perche’ nel frattempo Luigi era scomparso) e ordino’ la famosa riforma del calendario che ancor oggi e’ in vigore in tutto il mondo civile e che ha iscritto il nome di Gregorio XIII nella Storia dell’umanita’.
Per ottenere questo risultato la riforma interveniva sul calendario con due provvedimenti fondamentali:
-il primo consisteva nel drastico immediato rifasamento della data rispetto alla situazione astronomica, saltando di colpo 10 giorni di calendario; percio’ nell’anno 1582 dal giovedi’ 5 Ottobre si passo’ direttamente al venerdi’ 16 ottobre (la successione dei giorni della settimana, che non ha rilevanza astronomica, rimase invariata);
-il secondo provvedimento del Papa fu quello di modificare la regola dei giorni bisestili per evitare che lo slittamento della data tornasse a verificarsi nel futuro.
Per comprendere questo secondo provvedimento, notiamo che la durata dell’anno, accertata con precisione in 365,2422 giorni (anziche’ i 365,25 di Sosigene), puo’ essere scritta in forma frazionaria:
365 + 1/4 – 1/100 + 1/400 – 0,0003 giorni
da questa espressione si vede che, assumendo un calendario di 365 giorni, si commettono errori di:
1 giorno in meno ogni 4 anni
1 giorno in più ogni 100 anni
1 giorno in meno ogni 400 anni
1 giorno in più ogni 3333 anni.
Per evitare questi errori la riforma stabili l’assetto dei giorni bisestili come segue:
a) inserimento di un giorno bisestile ogni 4 anni, negli anni divisibili per 4, per correggere il primo errore; il giorno viene aggiunto come 29 febbraio;
b) esclusione del giorno bisestile negli anni centenari, nonostante che siano divisibili per 4, per correggere il secondo errore;
c) inserimento del giorno bisestile negli anni divisibili per 400 (o con le prime due cifre divisibili per 4), nonostante che siano centenari, per correggere il terzo errore;
d) nessun provvedimento per correggere il quarto microscopico errore.
Per meglio chiarire questa regola, diciamo che, a causa della riforma gregoriana, sono stati e saranno bisestili, ad esempio, gli anni 1980, 1984 … 1996 eccetera perche’ sono divisibili per 4; non sono stati ne saranno bisestili gli anni 1800, 1900 … 2200 eccetera perche’ sono centenari; sono stati bisestili e lo saranno gli anni 1600, 2000, e cosi via, perche’ sono divisibili per 400.
Adottando la regola gregoriana, nel cercare di ottenere l’accordo tra calendario e Sole, rimane non corretto l’ultimo termine della formuletta dell’anno (- 0,0003 giorni) che comporta l’errore di 1 giorno circa ogni 33 secoli; diciamo che questo errore si puo’ considerare accettabile, ovvero che i nostri posteri del secolo 4900 dovranno togliere 1 giorno dal calendario, saltando uno dei prescritti giorni bisestili!
Per completare questa breve ricerca aggiungo alcune curiosità:
Il cambio del calendario disposto dal Papa fu applicato immediatamente da tutti gli stati italiani e dagli stati iberici, mentre la Francia si adeguo’ con un ritardo di due mesi; all’inizio dell’anno successivo la riforma fu applicata nei Paesi Bassi e due anni dopo anche dai settori cattolici della Germania e della Svizzera; nel 1586, cioe’ 4 anni dopo, Polonia e Ungheria chiusero l’elenco delle nazioni che accettarono la riforma relativamente presto.
I Protestanti, pur riconoscendo l’opportunita’ scientifica del provvedimento, non vollero accettare che essa venisse imposta con un ordine del Papa; pero’ nel 1610 la Prussia ruppe il loro fronte adeguandosi alla riforma; gli altri Stati protestanti attesero un secolo, ma nel 1700 anche Germania, Olanda, Danimarca e Norvegia si allinearono, seguite nel 1750 da Gran Bretagna e Svezia.
I paesi piu’ resistenti furono quelli ortodossi. La Russia aspetto’ sino al 1918, quando il governo comunista decise di passare al calendario gregoriano; una conseguenza di questo ritardo fu che la cosiddetta “rivoluzione d’ottobre” in pratica si svolse nel nostro mese gregoriano di novembre.
Altri paesi ortodossi (tra cui Yugoslavia e Romania) seguirono la Russia nel 1919; l’ultima ad adeguarsi fu la Grecia, che adotto’ il nuovo calendario solo nel 1928, ma con alcune riserve circa la data della Pasqua.
Anche i paesi extra-europei dovettero adeguarsi alla novita’ calendariale europea; usando calendari diversi da quello giuliano, essi seguirono schemi diversi di armonizzazione; comunque il Giappone si allineo’ nel 1873, la Cina nel 1911, la Turchia nel 1927 nel quadro del modernismo di Ataturk.
Naturalmente va tenuto presente che ogni sensibile ritardo nell’applicazione del nuovo calendario comportava, rispetto a quello giuliano, un aumento dei giorni da saltare, poiche’ il loro numero cresceva al ritmo di quasi un giorno per secolo.

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