Liceo Scientifico "E.Mattei" Mormanno - 25° anno - Relazione del Prof. Domenico Crea

LICEO SCIENTIFICO “E. M A T T E I” MORMANNO
25°ANNO – RELAZIONE DEL PROF. DOMENICO CREA -MORMANNO
29/12/1994
Ancora una volta il mio saluto iniziale non può che essere “bentornati”.
Bentornati in questo istituto dove avete operato come docenti o siete stati alunni.
Quando nell’Ottobre del 1970 iniziò il primo anno scolastico, non eravamo in molti a scommettere su una vita lunga di questo Liceo. Eppure oggi siamo qui per festeggiare le “nozze d’argento”, 25 anni di attività che evidenziano come nella nostra cittadina il Liceo Scientifico si sia dimostrato vitale ed abbia svolto sicuramente un ruolo educativo e quindi culturale importante.
La validità di questo tipo di istituto è cresciuta sempre più negli anni, in quanto ad una caratterizzazione scientifica si accompagna lo studio di materie umanistiche, per cui lo scientifico ancor oggi è in grado di assicurare una formazione polivalente. Da quest’anno, a dir la verità dopo quattro anni dalla prima richiesta, è stata autorizzata l’innovazione della sperimentazione informatica, per cui l’offerta educativa tende a diventare più ampia, anche perché stiamo tentando di offrire come opzione una seconda lingua, ovviamente l’inglese. Certamente le condizioni logistiche non sono molto migliorate, tranne che per l’istallazione di un buon laboratorio di informatica; diverso è però il clima culturale ed educativo che di anno in anno ovviamente cambia in rapporto agli allievi che frequentano quest’istituto.
Anche quest’anno scolastico è stato caratterizzato da proteste ed agitazioni, da parte degli alunni, non sempre veramente consapevoli degli obiettivi da combattere o da perseguire, comunque sintomo chiaro di un malessere ormai endemico della scuola superiore. Ad ogni legislatura, dopo le elezioni, si parla della riforma della secondaria; ormai si tratta quasi di un rituale stanco: cambiano i politici e, forse, le politiche, ma non riescono ad elaborare un progetto convincente. Ciò che in effetti manca è la chiara individuazione di un progetto non solo culturale e formativo, ma anche etico-civile, indispensabile nei tempi incerti e di crisi che viviamo, capace di operare una sintesi tra i bisogni della comunità nazionale e le prospettive di superamento di questa emergenza storico-economico-cuturale che ci opprime.
Altrimenti avremo una riforma e quindi una scuola, “senz’anima”, che non sarà in grado di superare le sfide del futuro. Tutta l’attenzione, a mio avviso erroneamente, è stata rivolta dai mass-media alla polemica pubblico-privato, pure importante, ma non la più importante.  Certo oggi a proposito della scuola è molto più semplice inserirsi nella polemica che parlare di obiettivi culturali, cioè di “valori “. Introduco qui alcuni spunti provocatori, augurandomi che il dibattito possa approfondirli adeguatamente. Noi sappiamo che le attività umane implicano per lo più il riferimento ad un”dover essere”, ad un compito da realizzare: l’artigiano, infatti, che costruisce un utensile o un oggetto, ha in mente ciò che tale oggetto ” deve essere”.
Lo stesso avviene nelle attività che consistono nella esecuzione di azioni complesse, come ad esempio danzare, dipingere, redigere un testo scritto, etc… L’oggetto o la prestazione ottenuta saranno giudicati più o meno validi a seconda del grado di avvicinamento all’idea di perfezione che preesiste all’esecuzione. Analogo, anche se diverso, è il processo educativo: l’educatore educa qualcuno, aiutandolo a raggiungere la piena maturazione di quelle qualità che sono iscritte nella natura della sua personalità, per conseguire un risultato finale ottimale. Ma l’idea che ci si fa dell’educazione dipende dall’idea che si ha dell’uomo e dei suoi fini. Ritorniamo perciò ai “valori”. Come in ogni professione anche in quella dell’insegnante è possibile determinare “come” operare solo avendo chiaro ” che cosa” si vuole raggiungere. E’ facile che il singolo docente pensi che il “che cosa” sia la trasmissione di un certo contenuto di sapere ( cioè quello della propria disciplina), ma poi ci si rende conto che quello è solo un “mezzo”.
Ciò evidenzia l’illusione di ridurre l’educazione a semplice trasmissione del sapere. Essa invece possiede già un fine intrinseco, e se tale fine non è presente, l’inevitabile conseguenza è l’insuccesso dell’opera educativa. Non emerge, infatti “a qual fine” viene fatto tutto quel lavorìo. La storia offre molti esempi a conferma del fatto che l’educazione s’ispira all’ideale d’uomo che una determinata società accetta: l’educazione spartana, l’educazione cristiana, l’educazione nazista, l’educazione comunista, l’educazione democratica. Esse sono state tutte condizionate, nei contenuti e nei metodi,.dai rispettivi ideali d’uomo cui s’ispiravano. Ma alcuni dei casi storici citati sono un eclatante esempio di educazione “manipolatrice”, nella quale l’adozione di un certo ideale d’uomo ha significato imporre a tante persone un’educazione non rispettosa delle loro libertà. Questa constatazione ha portato molti studiosi a concludere che l’educazione dovrebbe essere “neutra”, rifiutando ogni modello ideale d’uomo. Ma ciò non è possibile, credo io e tanti altri.
Si afferma infatti, che la scuola è lo specchio della società,quindi essa non può non risentire dei momenti positivi o di quelli negativi della società nella quale opera. Ed oggi più che mai la scuola Italiana riflette la nostra società, nella quale la perdita di valori ha generato un senso di smarrimento generale. Mentre però, anche nell’attuale società, ogni professionista sa che tipo di servizio la società in senso lato, e gli individui che a lui si rivolgono, si attendono da lui, l’insegnante lo sa molto meno, proprio perché in realtà egli serve la società nella promozione di alcuni “valori”, e se questi non sono delineati, egli non sa bene “a che cosa serve” il suo lavoro. Tutto vano ed inutile allora?
Sicuramente no, a mio avviso, ed infatti se consideriamo come pericolosa l’illusione di credere che il progresso dell’umanità possa venir assicurato dal semplice accumulo delle conoscenze scientifiche e dal poterei enorme che la tecnologia pone a nostra disposizione , allora avremo chiaro che il nostro progresso si fonda sullo sforzo costante di produrre un’umanità migliore in quanto fatta di uomini migliori, capaci di esprimere una tensione verso un traguardo ideale. Un “meglio” che appunto si configura, e ritorno all’inizio, come un “dover essere”. L’attuale società consumistica e materialista soffre proprio di questa crisi, a livello individuale e collettivo, e per questo è incapace di un vero impegno morale e civile, di spirito di sacrificio. Mi piace qui ricordare alcuni versi di Esiodo: “Facile è raggiungere la miseria -liscia la strada -e non è lontana -ma gli Dei immortali hanno messo il sudore davanti della virtù -lungo e arduo è il cammino che ci porta a lei -e all’inizio aspro”. Se noi siamo convinti che la nostra vita potrà essere migliore pur rinunciando a certe soddisfazioni che ci lusingano continuamente, stiamo già entrando in un’ottica ideale ed implicitamente stiamo riconoscendo che la nostra vita è migliore solo se realizza certi valori che contano più del benessere materiale, della comodità, del potere fine a se stesso. Verso questi valori un educatore, oggi più di ieri, può e deve tendere, senza trapassare mai nelle forme della manipolazione o della imposizione, evidenziano doti di equilibrio e di tolleranza che favoriscano lo sviluppo delle intrinseche qualità di ogni giovane. Perché essi crescano nella convinzione non solo del potere della conoscenza ma anche nella consapevolezza della propria coscienza. Se la scuola sarà in grado di far proprie queste tematiche ed utilizzarle per favorire un’autentica coscienza morale e civile dei giovani, potremo riprendere il cammino verso una società migliore, perché fatta di Uomini migliori.
Ciò lungo tutti questi anni io mi sono sempre sforzato di fare, ma riconosco di non esservi sempre riuscito. Una sola speranza, però mi consente di provare il mio lavoro :la consapevolezza, dalla notizie indirette e dagli incontri diretti, che i semi di alcuni di quei valori di cui parlavo sono germogliati in molti di voi,nell’esercizio della professione, nel lavoro quotidiano; e ciò accresce non il mio orgoglio di uomo, ma certamente la mia dignità di onesto educatore.
Di questi tempi non è poco, almeno per me, e di ciò, sinceramente, io vi sono grato.

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