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La gemma dei tre mari: la Calabria
Di DON FRANCESCO DONADIO
L ‘amore immenso che ho per la mia terra mi ha acceso la fiamma ardente
di farla conoscere ovunque più profondamente ed amarla con battiti di
cuore più forti e per la quale anch’io ho speso tutta la mia vita ministeriale
lasciandole un modesto tassello nel suo meraviglioso mosaico: la CALABRIA mia.
“Gemma di rara bellezza, incastonata fra i Tre mari più storici del mondo,
augusta madre millenaria, sempre fresca di rinnovata gioventù, gli occhi
fioriti di sole e di sogni, le chiome recinte di verde e di cielo, aulenti le vesti
di acque marine e di zagare, canore le labbra di idilli e di epopea, temprato
lo spirito nella lotta e nel sacrificio, fervido il cuore di giustizia e di libertà,
corrusca l’anima di eroismi e di virtù.”
Dinnanzi a questo splendido spettacolo di questa mia amata terra, vorrei
poter e saper fondere realtà e poesia, in un armonioso corale di
ammirazione pari alla maestà dei monti, al sorriso dei mari, al contrasto
delle rocce ferrigne e delle valli amene, alla giocondità delle linfe ovunque
fluenti, alla gran pace secolare degli ulivi, alla festa dei giardini, alla leti¬zia
delle vigne e delle messi, alla semplicità dei costumi, alla vivacità intelligen¬
te, alla fermezza della volontà, ai fulgori policromi del bene, di tanto bene
che continua a sbocciare quotidianamente semplice, nascosto,
sconosciuto, ma è sempre il bene dei suoi figli generosi, fedeli e forti, i
quali, sparsi nel mondo, hanno scritto e continuano a scrivere pagine
meravigliose ed indelebili in ogni campo delle umane attività.
Ha avuto ed ha idee e forze sue: le ha assorbite, assimilandole e potenziandole dalle purissime sorgenti elleniche; le ha immesse e incanalate nelle idee e nelle
forze del “latin sangue gentil” il quale non deve dimenticare mai che,
quando la vela di Enea, carica di destini, approdava ai lidi fatali del Tevere,
la Magna Grecia, ove tutte le civiltà mediterranee e non mediterranee
pare si siano date convegno, dall’estremo lembo della Penisola, cantava alla vita e all’arte un suo solenne cantico, la cui eco mista agli effluii degli aranceti e alle voci dello Ionio e del Dolcedorme (2270 m.) fino agli Appennini degradanti nelle valli e nella famosissima Piana di Sjbari, imperlava il natale di Roma, offrendo all’Urbe nascente un dono, il più bel dono, il suo nome: ITALIA.
Questa nostra stupenda regione, oggi denominata CALABRIA, nell’era primitiva, giaceva sepolta nelle onde.
Ad inebriarsi di aria, di sole e di luce emergevano soltanto le vette più alte di quella che sarà poi la sua formidabile spina dorsale: la catena appenninica.
Si ritirarono le acque.
L’attuale Sicilia era unita alla Calabria attuale che a metà, tra il Golfo di S. Eufemia sul Tirreno e il Golfo di Squillace sullo Jonio, era divisa da un braccio di mare di trenta chilometri.
Passarono i secoli…Strapotenti cataclismi prima staccarono la Sicilia creando, tra le due terre, uno degli Stretti più suggestivi del mondo con l’habitat fantasmagorico di Fata Morgana e poi, congiunsero, nel punto meno esteso, l’isoletta al continente. Così affermano i geologi.
Non poca confusione, però, esiste ancora intorno ai nomi che nel passato ha avuto: i più poetici assieme a quello di ITALIA, la terra del vitello e delle viti, prima di trasvolare su tutta la Penisola a denominarla, furono usati per la nostra Calabria: ENOTRIA, la terra del vino; AUSONIA, la terra degli uccelli e dei canti; OPICIA, la terra delle dovizie; TAURONIA, la terra del Toro; BRUZIA o BRUZIO, la terra del Brutto, figlio di Èrcole; infine CALABRIA, la terra che porta bellezza, che porta il mare, la terra della leggiadra forza.
Ma fra tutti questi nomi che, nel corso dei tempi, si sovrapposero e si confusero prevalsero e rimasero quelli di Bruzio e di Calabria che però dai Romani così fu chiamata la terra di Otranto.
Solo i Bizantini, nel VII sec., ridettero il nome di Calabria all’attuale regione che, da allora, non lo mutò più.
Ed è veramente significativo ed ha un grande valore morale questo nome che, coesistendo nella stessa regione dai tempi più antichi con quello d’Italia, resistette allo sfacelo di tutti i valori dell’antica vita, assurgendo a denominazione naturale della regione e rendendosi onorato e glorioso nella storia della Nazione.
Veramente benedetta la Regione Calabria.
Per questo, nel rinnovamento generale della nostra epoca, la Calabria chiede un posto al sole, il posto che le compete perché vuole sincronizzarsi e sintonizzare i palpiti immensi di questa “itala gente dalle molte vite” nella rinascita della
EUROPA UNITA e del Mondo, nella giustizia e nella libertà, concordia e pace, nel progresso e benessere di tutti.
E’ tempo di rifiorire, CALABRIA mia!…
Ci comprendano i Popoli; ci intendano i Governanti centrali, regionali,
provinciali, locali: si scuotano i figli ingegnosi e laboriosi di questa terra
millenaria: si muovano decisamente senza soste e senza stanchezza lungo le strade maestre nella luce che da questa Magna Grecia si irradiò su Roma e si consacrò
nell’Evangelo; e come i loro avi siano orgogliosi e fieri da potersi presentare
a tutti ancora oggi e sempre così:
SUGNU CALAVRISU E CALAVRISU SUGNU
SU NOMINATO PI TUTTU LU REGNU
E LUNURU DA CALABRIA LU MANTEGNU.
Sono Calabrese e Calabrese resto/ Son nominato per tutto il regno/ E l’onore
di Calabria lo mantengo