Ecologia, argomento di moda, Giugno 2009 Quando si legge o si sente parlare di ecologia, la prima reazione che si prova è quella d’imbattersi in una vecchia conoscenza: ma certo, se n’è sentito parlare e se n’è parlato tante volte, se n’è tanto letto, tanto scritto (chissà quanti temi ognuno ha dovuto svolgere su quest’argomento nelle elementari, nelle medie e nelle superiori)! Essa evoca subito una serie di luoghi «comuni»; rifiuti e scarichi nocivi, inquinamento, cementificazione e deforestazione, effetto serra, buco dell’ozono,di cui pure spesso si è parlato più o meno in dettaglio, più o meno eruditamente, ma sempre con poca convinzione. Il senso più diffuso è quello d’un luogo obbligato, d’un argomento alla moda di tanto in tanto, come una specie di frutto di stagione, ma in fondo permane — consapevole o no — la convinzione che il tutto sia poco vero, o comunque ampiamente sproporzionato rispetto alla realtà («tanto rumore per un po’ di rifiuti, qualche scarico, antipatico sì, ma poi, non cosi pericoloso!»). Sentire poi che l’ecologia è una scienza, suscita non meno stupore che meraviglia: e si pensa a un uso improprio della parola («in fondo ci sono tante cosiddette scienze, dai campi e dai contorni così labili e incerti, che neppure si riesce a immaginare come possano avere la scientificità, poniamo, della matematica o della fisica!»), oppure si assume un’aria di superficialità («come se ci volesse uno scienziato per capire lo sconcio o la pericolosità d’un mucchio di rifiuti!»). Insomma, dell’ecologia si sa abbastanza per desiderare di volerne conoscere di più, troppo poco per capire quanto di fatto siano insufficienti le conoscenze di cui si dispone. Così, i nemici giurati dell’ecologia sono due: il primo è il miope attaccamento all’utile privato (che riguarda soprattutto il mondo degli adulti), il secondo è quello della mezza-conoscenza, assai peggiore della completa ignoranza (e questo riguarda un po’ tutti, ma i giovani in particolare). Contro il primo ci sono le leggi e i regolamenti, buoni in sé — se solo fossero più rispettati! —, contro il secondo bisogna battersi per la formazione di un autentico spirito ecologico, fatto di conoscenza e di radicate convinzioni, non di slogan e luoghi comuni. L’ecologia (dal greco oikos «dimora» e logos «discorso») è il «discorso sulla dimora», ossia la scienza che studia l’ambiente naturale, considerato come dimora di tutti gli organismi, come struttura organica di sistemi e sottosistemi. Ha quindi un ambito più ampio e generale di altre scienze naturali come la zoologia, la botanica, la biologia, l’etologia, ecc., di cui pure utilizza principi e conoscenze, ma il suo specifico è lo studio relazionale degli organismi viventi tra loro e tutt’insieme con l’ambiente. I suoi compiti, pertanto, sono: a) individuare e studiare gli ecosistemi, stabilendo i criteri di «normalità» ossia di «salute» di ciascuno di essi (perciò, parlare di ecologia, non significa necessariamente parlare di rifiuti e di inquinamento, e se lo si fa è perché essi rappresentano un pericolo per la «salute» di determinati ecosistemi!); b) connessa al precedente, l’individuazione precisa e dettagliata della patologia dei vari sistemi e delle conseguenze dell’alterazione degli equilibri esistenti tra loro; c) dalla fase diagnostica, passare a quella terapeutica, ossia indicare i tipi e i modi di intervento, appropriati ai diversi casi. L’uomo, come e più degli altri esseri viventi, ha sempre interagito con l’ambiente naturale, subendone i condizionamenti e condizionandolo a sua volta, per avere cibo, energia, i mezzi di sostentamento, insomma. Quel che è cambiato da qualche secolo in qua, e nel contempo ha reso necessaria la funzione dell’ecologia come scienza e della diffusione dei suoi principi, è un complesso di fattori, che comprende l’incremento demografico del pianeta, la rivoluzione industriale dei processi produttivi, la conseguente, crescente esigenza di fonti energetiche di grande potenza. Cosicché, mentre prima la vita sul pianeta era determinata da un complesso equilibrio dinamico tra le varie «sfere» e i sistemi vitali, equilibrio che si era venuto formando attraverso secoli e millenni, oggi dipende in buona parte dal-l’umanità, che, con mezzi d’inaudita potenza, è in grado di intervenire a turbare quegli equilibri, piegandoli in un verso o in un altro, senza che la natura possa opporsi validamente alla sua azione o ristabilirli una volta che siano stati turbati. L’uomo oggi è più che mai «faber fortunae suae», autore del proprio destino e pertanto, se non vuol ritrovarsi in vicoli ciechi o di fronte a sgradite sorprese, è ben che s’armi di «provvidenza», passando da una mentalità di sfruttamento indiscriminato nei confronti dell’ambiente, a un’altra di protezione, giacché proteggere l’ambiente significa poi, difendere la salute e il benessere di tutti quelli che ci vivono, uomo compreso: Ecco allora la funzione dell’ecologia. Ma d’altra parte, assumere un corretto atteggiamento ecologico non significa saper sciorinare all’occorrenza i danni che la moderna industria arreca all’ambiente naturale — per quanto sia una conoscenza tutt’altro che inutile —, senza poi preoccuparsi di quelli che ciascuno di noi, nel suo piccolo, fa ogni giorno sprecando risorse ed energia. Si è «ecologisti» in casa propria anche semplicemente spegnendo una lampadina accesa inutilmente, la radio e il televisore quando nessuno è intento all’ascolto; anche semplicemente evitando di cestinare un quaderno che non è stato compiutamente utilizzato, o di dare ai rifiuti vestiti e scarpe ancora utilizzabili, ma col difetto di non piacere più o di non essere più alla moda, attuare sempre la raccolta differenziata, non sprecare l’acqua, ecc. ecc. Assumere un corretto atteggiamento ecologico, non significa sapersi commuovere fino alle lacrime per la denunciata scomparsa di una lontana, remota specie animale, e poi urlare di raccapriccio alla vista di alcune formiche o un grillo sul proprio terrazzo e affrettarsi a cospargere lo stesso di micidiale insetticida spray. L’amore per gli animali è certo un sentimento nobile, ma dev’essere per tutti gli animali, compresi quelli brutti e «schifosi», che talvolta ci è dato di sopportare. E se per vari motivi (igienici, sanitari, ecc.) alcuni bisogna ucciderne, lo si faccia quando è strettamente necessario: si può essere «ecologista» anche evitando di schiacciare un insetto che ci è improvvisamente entrato in casa, o una lucertola che incontriamo per via! Assumere un corretto atteggiamento ecologico non significa semplicemente partecipare alle manifestazioni pubbliche indette dalle associazioni ambientaliste (sit-in, marce ecologiche, antinucleari, ecc.), oppure inveire contro lo sconcio di un cumulo di rifiuti abbandonati da altri, o contro il deturpamento ambientale di una fabbrica o di una centrale elettrica. Fare tutte queste cose è lodevole, ma finanche troppo facile: un po’ meno, invece, rinunciare a qualche «libertà» o fantasia personale per rispetto dell’ambiente. Servirsi sempre dei cestini porta-rifiuti, evitare di danneggiare il verde pubblico, non «sgassare» all’impazzata con la propria motoretta, può esser segno tangibile di sensibilità ecologica. L’ambiente che ci circonda è la nostra dimora, e proprio come la casa in cui abitiamo, parla di noi, rivela il tipo di rapporto che intratteniamo con esso. L’ecologia insegna il rispetto per l’ambiente, che poi è un modo diverso per dire che insegna a vivere in modo più civile.
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