Clima, che stress!

Clima, che stress! (Luglio 2009) La caratteristica climatica degli anni in cui viviamo non è legata a variazioni a senso unico, ma a grandi oscillazioni. Perché? Il clima non ha mai avuto un percorso prevedibile e le deviazioni dalla norma hanno accompagnato l’esistenza di milioni di uomini, in tempi assai lontani come oggi. Lo stesso concetto di clima, inteso come insieme delle condizioni atmosferiche medie, può risultare del tutto inadeguato a certe realtà odierne. Senza andare troppo indietro nei secoli, l’uomo ha conosciuto una piccola era glaciale tra il 1450 e il 1850. I ghiacci artici si espansero verso sud ponendo fine alle esplorazioni dei Vichinghi, alla colonizzazione della Groenlandia (Terra Verde) e alle vendemmie medioevali nelle vigne inglesi. Shakespeare parla del «latte che giunge a casa gelato nel secchio» ed Elisabetta I passeggia sul Tamigi ghiacciato. Gli anni compresi tra il 1880 e il 1940 segnarono un ritorno verso il caldo. La temperatura media dell’emisfero nord salì di circa mezzo grado, introducendo mutamenti nel regime delle piogge e nell’agricoltura. Dal dopoguerra alla metà degli anni 70 si è registrata una nuova diminuzione di 0,3 gradi. E da allora il termometro sembra di nuovo puntare all’insù. La caratteristica principale degli anni che viviamo non sembra tuttavia legata a una variazione termica a senso unico, quanto invece alle grandi oscillazioni a breve distanza l’una dall’altra. E ancor più instabile si dimostra, nel suo complesso, il tempo. Chi afferma che il clima è immobile e che siamo vittime dei ricordi tinti di rosa dimentica le siccità in Russia del 72 e del 75, le più gravi nel corso di tre secoli, le zolle dell’intera Europa spaccate dal caldo dell’estate ’76. Occorre poi ricordare le bufere di neve record negli Stati Uniti (1974-75), le gelate fuori stagione in Brasile che fecero impazzire il prezzo del caffè, le inondazioni sovietiche del ’76, la prima del secolo e, perché no, la tormentata estate ’87? Gli anni ’70-80 sono i più instabili del secolo e, afferma qualche climatologo (J. Gribbin, Università del Sussex), addirittura del millennio. Per cercare di capire meglio ricordiamo che il clima è il risultato di numerose cause regolatrici e che i mutamenti climatici sono il frutto di altrettante cause perturbatrici. Ogni causa, quando non è del tutto occasionale, cammina con il suo ritmo. A certe generazioni tocca in sorte un periodo stabile e alleato, ad altre un periodo capriccioso e ostile. Alcuni assistono, nel corso della loro vita, a un cambiamento climatico: noi siamo tra questi. Il pericolo è che senza conoscere il peso con cui interviene ogni singola causa, si arrivi alla conclusione che il clima, a dispetto degli scienziati che litigano, non cambia e sarà sempre così. È un modo di ragionare scorretto e addirittura pericoloso, perché va contro alla realtà e alla pianificazione che tiene in debito contro gli estremi e che prevede, anziché piangerle, le avversità. Alcuni possibili agenti dei mutamenti del clima in ordine sparso sono: •Variazioni nella geometria spaziale della terra. Ogni 100.000 anni la forma dell’orbita terrestre cambia da quasi circolare a ellittica. L’asse terrestre si muove poi come quello di una trottola, sfarfallando con periodo di 40.000 anni e descrivendo un cono ogni 26.000 anni. Il risultato è la successione di ere glaciali lunghe 100.000 anni e di periodi interglaciali lunghi 10.000 anni. Il periodo attuale, interglaciale, starebbe per scadere. • Attività del Sole. Quando la nostra stella è magneticamente meno attiva, la Terra è più fredda. Il ciclo, che ha una durata di 22 anni, sembra dovuto a una modifica della trasparenza atmosferica ad opera del vento solare. Anche l’energia solare ricevuta dalla Terra non è costante. • L’effetto serra. Tra i prodotti dell’era industriale c’è anche l’anidride carbonica. Il raddoppio del tasso naturale di questo gas potrebbe produrre in 50 anni un aumento medio della temperatura emisferica di 2 gradi. Una variazione modesta all’equatore, ma ben 6 gradi in più sulle regioni polari. Oltre alla fusione dei ghiacci e all’aumento del livello degli oceani, questa variazione produrrebbe significative modifiche nel regime delle piogge, con gravi situazioni siccitose negli Stati Uniti, in Europa e in Unione Sovietica. • El Nino. Il saltuario spostamento lungo i paralleli delle grandi aree di bassa e alta pressione, rilevabile anche da un insolito aumento della temperatura nelle acque costiere del Pacifico centrale nel periodo natalizio (Gesù Bambino è chiamato El Nino), determina la mancanza del monsone e contribuisce alla desertificazione di grandi aree semi-aride. Ne ho trascurate chissà quante e non c’è, per ora, una conclusione se non questa: In attesa di nuove scoperte e di una risposta univoca e illuminante, combattiamo l’ignoranza, il panico e l’indifferenza. Rendiamoci conto che stiamo navigando ancora a vista su una mare costantemente mosso. Prepariamoci alle onde, attrezziamo noi stessi ad un tempo sempre più instabile e, soprattutto, salvaguardiamo con interventi mirati la nostra essenziale agricoltura!

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