Acqua, una ricchezza senza misure

Acqua, una ricchezza senza misure (17 Luglio 2009) Il 17 Giugno è stata la giornata mondiale della lotta alla siccità, indetta dall’ONU. Le regioni aride o semi-aride del pianeta rappresentano il 40% della superficie emersa della terra e ospitano 2 miliardi di persone. Centotrentacinque milioni di persone rischiano di essere spostate a causa della siccità. Si è tornati a riflettere sui consumi idrici: •Sull’acqua come risorsa preziosa, da non sprecare, •Sul riscaldamento del pianeta che provocherà lo scioglimento dei ghiacciai, insieme a minori piogge e quindi a meno rifornimento delle falde acquifere, •Sulla incombente desertificazione di vaste zone del pianeta, •Sull’oro blu, la cui carenza scatenerà le guerre del domani. Scenario forse un po’ troppo apocalittico ma non inverosimile. Roba da Paesi “sottosviluppati”? Non proprio: essendo già alcune regioni italiane colpite dal fenomeno la cosa ci riguarda eccome. Quanta acqua consumano gli italiani in tutte le loro attività? La domanda sembra banale ma non lo è. Lo studio più completo e aggiornato sull’uso delle risorse idriche a livello nazionale è dell’Irsa Cnr e risale al 1999. Risulta un consumo di 43 miliardi di metri cubi l’anno: il 49 per cento fa capo all’uso agricolo per irrigazione, seguito dal settore industriale col 21 per cento, da quello civile con il 19 per cento e infine quello energetico con l’11 per cento. Ci sono gli annuari dell’Istituto superiore di protezione e ricerca ambientale (Ispra), che alla voce “idrosfera” raccolgono una grande messe di informazioni sulla qualità e quantità delle acque. Associazioni come Legambiente da lungo tempo producono dossier sui consumi idrici in agricoltura o in città. L’ultimo rapporto sull’ambiente urbano di Ispra fornisce dati su un consumo pro-capite di 69,9 metri cubi per abitante, in diminuzione. Ma il dato è limitato a trentatrè città della Penisola e all’uso domestico. Niente cifre generali su usi e consumi, men che meno sugli sprechi. «Nessuno può quantificare con certezza l’entità delle perdite», spiegano al Coviri. Il Comitato per la vigilanza sull’uso delle risorse idriche, “Coviri”, del ministero dell’Ambiente si occupa del monitoraggio del servizio idrico integrato: l’insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione, distribuzione di acqua potabile, di fognatura e di depurazione delle acque reflue. «Per il servizio idrico integrato -affermano – possiamo parlare di una media del 30 per cento di perdite. Ma uno dei problemi più grandi di questo settore è la difficoltà di reperire dati. Sono scarsamente elaborati, realizzati con metodiche differenti. Per le perdite poi, bisogna tenere conto anche di quelle “amministrative”. Cioè quelle che i gestori dei servizi idrici chiamano perdite, ma che in realtà sono flussi non pagati. Un argomento ancora più vero per l’agricoltura, ritenuta la responsabile principale degli sprechi, molto più dell’industria, dove è più alta la cultura dell’efficienza. «Premesso che un’agricoltura moderna senza irrigazione è inconcepibile, il problema è la tariffazione: il metodo di pagamento più diffuso è il forfait, mentre andrebbe introdotta una tariffa a volume, che invita l’agricoltore a risparmiare. Per fare questo occorrerebbe una cultura della misurazione. Da noi perdite anche del 50 per cento sono considerate accettabili. Dovremmo invece prendere esempio da Paesi come Israele che hanno tecniche di misurazione molto avanzate e perdite sulla rete pari a zero. Un sistema di monitoraggio finalizzato all’ottica del risparmio ci porterebbe a ridurre anche del 50 per cento i volumi di acqua impiegati». Ovviamente tocca ad ogni quotidiano fruitore di questa preziosa risorsa mettere in campo comportamenti in grado di ridurne il consumo e gli sprechi. Ma occorre educare al risparmio d’acqua, iniziando con i bambini della Scuola primaria, cui suggerire comportamenti “virtuosi”, in grado di evitare sprechi ed abusi nel consumo. Ma da dove iniziare a praticare un uso razionale dell’acqua senza una cultura della misurazione dei consumi omogenea a livello nazionale? «Urge fare un nuovo bilancio – dice Legambiente – un quadro conoscitivo nazionale completo e aggiornato che faccia seguito allo studio del’99. È la premessa di qualsiasi intervento per attuare in Italia una gestione sostenibile della risorsa idrica».

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