Ricordo di Leonardo Sciascia nel trentennale della morte (1989)

Ricordo di Leonardo Sciascia, nel trentennale della morte (1989)

1921: Leonardo Sciascia nasce a Racalmuto, un paese della provincia d’Agrigento, dove suo padre è contabile in una miniera.

A Caltanissetta – dove frequenta l’Istituto Magistrale – infastidito dai rituali del regime fascista, il giovane Sciascia legge libri che resteranno per lui fondamentali (Manzoni, Hugo, Courier, Diderot, narratori americani), ed entra in contatto con ambienti antifascisti.

1936: scoppia la guerra di Spagna e Sciascia dedicherà uno dei suoi racconti più belli, “L’antimonio”, alla sofferenza dei disoccupati siciliani mandati da Mussolini a morire per Franco.

1941: s’impiega presso il consorzio agrario di Racalmuto, come addetto all’ammasso del grano.

1944: dopo avere abbandonato la facoltà di Magistero di Messina, si sposa con Maria Andronico, una collega maestra e comincia a pubblicare poesie, fogli di diario e articoli politico-letterari in alcuni giornali di provincia.

1949: Sciascia comincia a insegnare nelle scuole elementari di Racalmuto. Nello stesso ’49 Sciascia è tra i fondatori della rivista nissena “Galleria”, che dirigerà dal 1950 fino alla morte, garantendosi la collaborazione di prestigiosi scrittori e critici, fra i quali Pasolini.
1950: Sciascia pubblica il suo primo libro, “Favole della dittatura”, prose in forma di favola esopiana.
1953: Sciascia pubblica il saggio “Pirandello e il pirandellismo” e comincia a collaborare con la “Gazzetta di Parma”, e suoi articoli escono anche su “L’Ora”, “Letteratura” e “Nuova Corrente”, più tardi su “Tempo Presente” e “Officina”.

Nel 1957 abbandona l’insegnamento per dedicarsi a tempo pieno come scrittore.

Tra gli anni cinquanta e sessanta il fenomeno del neorealismo si esaurisce.

Il boom economico e il forte sviluppo industriale dell’Italia producono enormi cambiamenti, in quanto la qualità della vita migliora per tutte le classi sociali, avvengono cambiamenti nello stile di vita e nella culture, grazie anche ai mezzi di comunicazione di massa (la stampa e la televisione).

In questo periodo in un primo momento si ha un ritorno alla tradizione novecentesca del romanzo, mentre alla fine degli anni sessanta nascono nuovi generi letterari che non possono essere facilmente definibili in categoria.

Sciascia scrive numerose opere tra cui Gli zii di Sicilia ed il suo romanzo più famoso: Il giorno della civetta”, in cui denuncia il fenomeno della mafia in Sicilia.

Nel periodo successivo, detto “Post Neorealismo”, tra gli autori più rappresentativi troviamo: Pier Paolo Pasolini, Leonardo Sciascia ed Italo Calvino.

Negli anni settanta si dedicò anche alla vita politica, sia come consigliere comunale di Palermo, carica che ricoprì per breve tempo, sia come deputato nel parlamento nazionale.
Altre sue opere importanti sono: Il contesto(1971) e Todo modo(1974).

La protagonista dei romanzi di Sciascia è la Sicilia sotto tutti i suoi aspetti, anche quelli negativi come la mafia.

Lo scopo dello scrittore è denunciare i soprusi, le violenze, la corruzione, i legami che la delinquenza ha con il potere politico.

Il suo stile è uno stile lineare e semplice.

Quando si parla di Leonardo Sciascia, la nostra mente lo collega subito alla sua Sicilia; pochi autori, infatti, hanno un legame così viscerale e profondo con la loro terra come lo scrittore di Recalmuto.

Egli ha cercato però di rappresentarne qualcosa di più, distaccandosi in parte dagli stereotipi romantici e nazionalistici, dalla stessa letteratura verista e da quella letteratura da “stato d’assedio” (per citare l’espressione usata dallo scrittore e critico genovese Carlo Bo) tipica della sua terra che faceva del dolore e dello stato di soggezione e d’ingiurie subite, il fulcro narrativo.

Sciascia ha voluto rappresentare la Sicilia come qualcosa di corale, la Sicilia come mondo, un’idea che si colloca nella globalità e non come una piccola realtà a sé stante.

Per far ciò, si è servito di una scrittura scarna ed essenziale, venata di ironia (egli viene definito scrittore di pamphlet ) che eredita rimandi del romanzo storico e realista, aggiungendoci elementi da racconto giallo e poliziesco.

Tutto ciò appare evidente in romanzi come Il giorno della civetta, Il Contesto e Todo Modo, nei quali incentra l’attenzione sulla parola, realizzando così una letteratura di ricerca critica e di denuncia.

Ma cosa accusa l’autore? Innanzitutto le condizioni della sua terra, l’arretratezza, che il progresso degli anni ’60 e il divario con l’industrializzazione del Nord Italia, hanno acuito maggiormente, ma soprattutto la mafia, non solo quella che “tratta” a suon di colpi di lupara, ma quella più pericolosa e subdola, fatta d’intimidazioni, che si alimenta con la paura collettiva, la quale non è che la spia del potere, il vero motore che muove gli uomini.

In conclusione nei suoi scritti si evidenzia la “similitudine”, ovvero la simbiosi che si avverte fra Sciascia e la sua terra d’origine, che si manifesta nella tendenza all’indugio, al “non dire tutto subito”, fra Morte e Vita, fra Luce ed Ombra, al tema della morte, simile, come con icastica immagine è stato detto,” alla siesta pomeridiana dei vecchi siciliani, che, con la coppola calata sul volto, aspettano l’arrivo della fine”.

Una Sicilia che non è solo malinconia, pena o folklore, ma una terra che si sa interrogare e criticare i suoi mali, mali del mondo, ed a sua volta voce del mondo.
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