Ricerca su GIOVANNI DONADIO

 
UNA MIA INIZIALE RICERCA SU
GIOVANNI DONADIO, DETTO IL MORMANDO

 
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Di Bernardo De Dominici : Vite de’ pittori, scultori, ed architetti napoletani: non mai date alla luce …, Napoli, 1745

OPERE Di GIOVANNi DONADIO
DETTO IL MORMANDO

Casa dei Mormando – via S. Gregorio Armeno n. 28 1507

Palazzo di Sangro duchi di Vietri, poi Corigliano Salluzzo, piazza S. Domenico Maggiore 1508

Palazzo Matteo Acquaviva duca d’Atri presso S. Pietro a Macella 1509 14

Palazzo Luigi de Raymo presso la grotta di S. Martino a Capuana 1511

Palazzo Antonio Carafa duca D’Andria piazza S. Marcellino 1513

Palazzo Di Capua conte di Altavilla via S. Biagio dei Librai n. 39 1513

Palazzo Ferdinando Diaz Carlon conte di Alife 1515 16

Chiesa S. Maria Stella del Mare via G. de Blasis 1519

Per alcuni edifici bisogna dire che non vi è più alcuna traccia; mentre per il palazzo Carafa d’Andria vi è un edificio superstiste de1 tutto trasformato; della casa dei Mor¬mando si conserva ancora la bella scala aperta; in discreto stato di conservazione sono il pa¬lazzo Di Capua, bisognoso di un serio restauro, e la chiesa S. Maria Stella del Mare, al mo¬mento usata come bottega artigiana.

OPERE Di GIOVAN FRANCESCO DI PALMA
DETTO IL MORMANDO

Palazzo Orsini duchi di Gravina, via Monteoliveto n. 3 1513 49
Chiesa S. Maria di Donnaromita 1540 50
Chiesa SS. Severino e Sossio 1490 1537
Palazzo Carafa di Montorio (rudere)via S. Biagío dei Librai n. 8 1540
Palazzo De Roggiero detto Vicaria Vecchia (perduto) 1540
Palazzo Cosimo Pinelli (trasformato) 1544
Villa Pinelli nella terra di Giugliano (perduta) 1545
Chiesa S. Patrizia 1547
Palazzo de Tapia (poi trasformato da S. Gasse, 1832) 1567
Chiesa S. Maria Regina Coeli
Palazzo Panormita (completato dopo interruzione del 1483)
Palazzo Filomarino della Rocca (trasformato)
Palazzo de La Noy (trasformato poi da F. Fuga)
Portale Chiesa di S. Gaudíoso (distrutta nel 1799)
Portale S. Maria delle Grazie a Caponapoli

OPERE ATTRIBUIBILI Al MORMANDO
o ESPRESSIONI DI MANIERA

Palazzetto a Crotone (*)
Palazzo Marzano a Foggia via Arpi
Chiesa S. Michele a Vibo Valentia 1519
Palazzo a Pozzuoli (perduto)
Palazzo Albertini a Nola
Palazzo a Nola (*)
Palazzo via Monserrato Aversa
Palazzo a Capua (*)
Chiostro S. Caterina a Formiello
Palazzi a Napoli : via S. Giacomo Maggiore Pignatelli*
via S. Giovanni in Porta n. 31*
vico Cinquesanti n. 20*
via Tribunali n. 331 (*)
vico Il Foglie a S. Chiara n. 1*

Per gli edifici contrassegnati (*) sopravvivono solo tracce e per intero i portali; il palazzo Mar¬zano di Foggia e la chiesa di S. Michele a Vibo Valentia sono i meglio conservati; mentre il grande chiostro di S. Caterina a Formiello appare l’episodio di maggior rilievo.

Manuela Bernabè (Giovanni Donadio da Mormanno e l’arte organaria a Napoli tra XV e XVI secolo) ha tratteggiato la figura di Giovanni Donadio da Mormanno, detto il Mormando, che tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500 riunì in sé due arti non complementari: l’organaria e l’architettura, nonché fu “musico” e la sua opera si inserisce perfettamente nel panorama dell’arte organaria napoletana di questo periodo.

Pier Paolo Donati (1498-1504: Giovanni Donadio, Giovanni di Palma e la nascita del “positivo napoletano”) ha ricostruito la nascita, la storia e la fortuna dell’organo positivo ‘napoletano’ dimostrando come già dagli ultimi anni del Quattrocento, i maestri napoletani impiantarono laboratori stabili nella capitale, da dove inviavano gli strumenti destinati alle varie parti del regno; contrariamente alla pratica seguita dagli altri fabbricanti italiani, che si recavano sul posto per allestirvi il cantiere necessario alla realizzazione dell’organo.
Ha, poi, delineato l’attività dei grandi fabbricanti di questo strumento, come Giovanni Donadio e Giovanni di Palma.

Aversa :Chiesa dell’Anunziata
Due grandi organi intagliati e dorati, ben inseriti nel complesso architettonico che s’arricchisce di stucchi e decorazioni barocche, completano lo scenario ora descritto.
Furono realizzati da Giovanni Donadio Mormanno, “un chierico selvaggio” rinomato magister organistus.

Giovanni e Giovan Francesco Donadio: Chiesa della Michelizia di Tropea (Sec. XVI)
Il Napoletano Palazzo
Corigliano e l’Opera dei Mormando in Calabria
di Domenico Rotundo
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Ignoto Napoletano: Palazzo Corigliano sulla Piazza S. Domenico Maggiore
Nel 1983 scrivevamo: <, abbiamo individuato Palazzo Corigliano, rappresentato, esattamente, come lo aveva descritto il Celano e concepito il Mormando, con i balconi del piano superiore (molto rari nell’architettura civile rinascimentale dell’Italia centro-settentrionale, che il Mormando inserì spesso, considerato il clima mediterraneo, nelle sue architetture civili meridionali, e che, non a caso, sono così frequenti nel Sud, come, per esempio, nei palazzi neorinascimentali di Reggio), il bellissimo balcone ad angolo al primo piano, il coronamento dell’edificio con merli >, arabeggiamenti, il portale che ricorda molto quello rinascimentale, bugnato, di Palazzo Zinnato a Tropea (brunelleschiano).
Vibo Valentia – Interno della Cupola della Chiesa di S. Michele
Giustamente Maria Pia Di Dario Guida ha assegnato al Mormando l’imponente Palazzo Cavalcanti (famiglia di origine fiorentina) di Cosenza, con la sua > angolare in pietra, i suoi balconi, la bellissima e originale loggia, all’ultimo piano, sostenuta da marmoree colonne doriche. Non a caso – aggiungiamo – nella dorica > di Palazzo Cavalcanti si notano le stesse lesene incavate che ornavano Palazzo Corigliano.
Non solo. Lo stesso coronamento dell’edificio con merli > di Palazzo Corigliano lo si può vedere nello stupendo Palazzo Martirano di Aieta (prima metà del 1500)4, ora inglobato nel piano rialzato, che si ritiene edificato in un momento successivo5.
Si può, dunque, affermare che la Calabria si aprì all’architettura rinascimentale fiorentina grazie ai Mormando, i maggiori architetti dell’Italia del Sud del loro tempo assieme a Marco Ruffo, attivo, al Cremlino di Mosca, con il Fioravanti6.

Giovanni e Giavan Francesco Donadio:
Cupola della Cattedrale di Tropea (Sec. XVI)

NOTE
1 Il Santuario di S. Maria della Catena è adornato per tre lati da un portico quattro-cinquecentesco. La cupola è stata ricostruita nel 1620.
2 D. Rotundo: , ed. Templari, Roma 1983, p. 158, nota 3. Giovanni Donadio (1450 ca. -1526), architetto ed organaio, fu, tra l’altro, autore, a Napoli, della chiesetta di S. Maria della Stella (ora, purtroppo, ridotta a deposito) e dei palazzi Acquaviva e Capua. Il figlio Giovan Francesco, architetto e musico di valore, edificò a Napoli, sulle orme del padre, le chiese di S. Maria Regina Coeli, di S. Maria delle Grazie a Copanapoli, dei SS. Severino e Sossio e importanti palazzi (Palazzo Sanseverino, Palazzo Regina, eccc.).

Lavorò, poi, in Spagna, chiamatovi da Ferdinando il Cattolico, divenendo primo architetto e musico di corte. A Giovanni Donadio e al figlio va assegnata, inoltre, la primitiva chiesa della Michelizia di Tropea (XVI sec.), chiaramente influenzata dall’architettura bizantino-araba e dall’architettura quattro-cinquecentesca (specialmente brunelleschiana) fiorentina (è costituita da una calotta e da un cilindro cui fa da base un cubo), nonchè la cupola della Cattedrale Tropeana e il portale laterale di destra della stessa.
GIORGI L., L’intervento di Giovanni Donadio detto il Mormando nella chiesa dell’Annunziata di Aversa in Consuetudini aversane, A.9, n.31/32 (1995), pp.33-34

Lungo la via denominata anticamente dei Casali o Longobucco, perché su essa insisteva il palazzo dell’omonima famiglia passato poi alla famiglia Perrone, in quello che era l’antico ristretto parrocchiale a cui facevano capo le due chiese dedicate rispettivamente a S. Basilio de Murmuris e a S. Menna, sorge, sconosciuto ai più, l’antico palazzo Menichini. L’edificio, oggi tra le architetture civili più importanti della città, è testimone silenzioso di quell’attività dei maestri operanti in Napoli già nel quattrocento e che ebbe eco nelle principali città del Regno. Catanzaro, infatti, tra il XIII e il XVI secolo, grazie all’attività serica e al commercio dei tessuti, assiste sotto il profilo urbanistico ed architettonico a un forte svi¬luppo dell’incremento dell’edilizia privata supportata anche da quella ecclesiastica – è utile ricordare, a tal proposito l’attività a Catanzaro, nel 1510, di Giovanni Donadio detto il Mormando per i lavo¬ri relativi alla Cattedrale – in cui l’influsso del nuovo gusto toscano si fa sentire nella costruzione di alcuni palazzi e di portali cittadini. Palazzo Menichini,

Accanto all’arcivescovado, il caffè Renzelli, ex Caffè Gallicchio, ritrovo di intellettuali e borghesi dell’800. Poco più avanti, un sistema di paraste d’angolo in tufo, è quel che resta delle primitive caratteristiche del vecchio palazzo Cavalcanti il cui aspetto originario doveva essere notevolmente bello; costruito nella seconda metà del ‘500, fu restaurato nel 1772, come testimonia una lapide posta sulla porta d’ingresso di Via del Liceo. Fino a quell’epoca, era costituito da un piano terra adibito ad attività commerciali caratterizzato da un sistema di paraste racchiuse in una cornice. Lo stesso schema si ripete ancora nel piano superiore, nel quale, però, la cornice è spezzata dalle successive aperture di balconi. Noto fino a qualche tempo addietro come esempio di architettura catalana, viene, invece, recentemente, inserito in quel vasto itinerario che ha contrassegnato l’attività di un noto organaro ed architetto calabrese attivo tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500. Si tratta di Giovanni Donadio detto il “Mormando” dal suo paese di origine, Mormanno, posto all’estremità settentrionale della provincia cosentina. Secondo la Di Dario, appunto, l’edificio deve essere letto come «affermazione assai precoce del tipo di composizione mormandea di cui le ornamentazioni angolari ripetono il caratteristico linguaggio nei capitelli ionici con ovali e scanalature di ascendenza maianesca, su due livelli tanto che si potrebbe anche sospettare che le ornamentazioni siano solo le parti superstiti di fasce marcapiano poi abolite per la costruzione dei balconi; a cui dovevano far riscontro lesene verticali simili a quelle angolari e a quelle rimaste nella parte inferiore sinistra, racchiudendo la volumetria dell’edificio in un telaio di scansioni ritmiche come nei palazzi napoletani Di Capua e Corigliano» (20).
dopo essere stato per un certo periodo chierico organista presso la Diocesi di Cassano, parte col padre per Firenze per apprendere l’arte della costruzione degli organi.
A Napoli, dove si trasferisce, inizia l’attività di organaio con tali lusinghieri risultati che darà vita ad una scuola di maestri organari molto famosa nell’Italia centrale e meridionale nel periodo tra il ‘500 e il ‘600.
Impostosi presso la corte aragonese, corte particolarmente attenta ad ogni espressione artistica come organaro, Donadio è poi nominato come primo musico a Madrid presso la corte di Ferdinando il Cattolico.

Nella seconda sessione (sabato 13 pomeriggio), presieduta da Francesco Nocerino, Manuela Bernabè (Giovanni Donadio da Mormanno e l’arte organaria a Napoli tra XV e XVI secolo) ha tratteggiato la figura di Giovanni Donadio da Mormanno, detto il Mormanno, che tra la fine del ‘400 e gli inizi del ‘500 riunì in sé due arti non complementari: l’organaria e l’architettura, nonché fu “musico” e la sua opera si inserisce perfettamente nel panorama dell’arte organaria napoletana di questo periodo. Pier Paolo Donati (1498-1504: Giovanni Donadio, Giovanni di Palma e la nascita del “positivo napoletano”) ha ricostruito la nascita, la storia e la fortuna dell’organo positivo ‘napoletano’ dimostrando come già dagli ultimi anni del Quattrocento, i maestri napoletani impiantarono laboratori stabili nella capitale, da dove inviavano gli strumenti destinati alle varie parti del regno; contrariamente alla pratica seguita dagli altri fabbricanti italiani, che si recavano sul posto per allestirvi il cantiere necessario alla realizzazione dell’organo. Ha, poi, delineato l’attività dei grandi fabbricanti di questo strumento, come Giovanni Donadio e Giovanni di Palma. Patrizio Barbieri (L’organo “gargante” di Fabio Colonna, Accademico Linceo Napoletano (1618)) ha illustrato il funzionamento di un particolare organo cosiddetto “gargante” appartenuto a Fabio Colonna, accademico Linceo napoletano, il cui particolare funzionamento si caratterizzava per il passaggio del vento in un apposito contenitore di acqua. La relazione ha offerto spazio ad una comparazione con strumenti coevi e con le caratteristiche dell’organo idraulico progettato da Vitruvio. Marta Columbro (Organari ed organisti: sguardo su alcune fonti napoletane del XVI e del XVII secolo) ha portato all’attenzione degli studiosi alcune fonti inedite d’archivio appartenenti ai maggiori centri di produzione musicale dell’epoca (chiese, cappelle, monasteri), con numerose informazioni legate all’attività degli organisti e all’arte organaria di ambito napoletano. Christopher Gray (“The Highest Style of Art” – An Introduction to the Life and Legacy of T.C. Lewis (1833-1915)) ha tracciato l’attività dell’Organbuilder inglese Tommaso Christopher Lewis che lasciò un gran numero di strumenti significativi. Esponente del gran sistema tedesco (seguace dei metodi del costruttore tedesco Edmund Schulze), gli strumenti di Lewis sono di qualità piuttosto alta e l’ingegnosità e la sua arte ha dato luogo a degli strumenti di notevole fattura.

La Calabria del XVI secolo
Rilevante dovette essere, già agli inizi del secolo, anche l’attività edilizia in stretta connessione col fenomeno dell’inurbamento che ne permise lo sviluppo specie nei maggiori centri, come Catanzaro e Co¬senza. Quest’ultima soprattutto continua la escalation iniziata in età aragonese: la città che se noi guardiamo alla grandezza del sito, et anche al numero de gli habitanti non può haver luogo né primo, né secondo tra le città d’Italia fu però senz’altro la piú evoluta in Cala¬bria anche in fatto di cultura archítettonica. E infatti, a parte il gruppo di chiese dei dintorni che si riconnettono, come piú volte è stato nota¬to, ad un monumento di età sveva quale la cattedrale di Cosenza, nella città stessa si registrano, e ad un’epoca meritoria, presenze assai stimo¬lanti e significative poiché testimoniano la subitanea inserzione della città nel clima culturale della capitale decisamente rinnovato in senso classicistico sia dalla presenza di artisti forestieri, specie fiorentini, sia di regnicoli, quale soprattutto l’organaro e architetto calabrese Giovan¬ni Donadio detto il «Mormando>~ dalla sua patria Mormanno in provin¬cia di Cosenza. Nel fervore di attività anche edilizia che dovette caratterizzare Cosenza nei primi decenni del secolo è da sottolineare proprio l’incidenza che potette avere sull’ambiente la cultura del grande archi¬tetto naturalizzato napoletano, ma i cui legami con la terra natale sono attestati in piú di un documento: nel 1492 designa come erede univer¬sale la chiesa di Santa Maria del Colle in Mormanno; nel 1498 compare come chierico organista della diocesi di Cassano; soprattutto 1′ 11 settembre 15 11 sottoscrive, come testimone, i patti fra il maestro mu¬ratore Gabriele Pacifico e il vescovo di Catanzaro per la costruzione della cattedrale per la quale è giusto opinare che il Mormando abbia offerto almeno consigli se non, come è piú probabile, il progetto.
Cosa certa invece che in alcune costruzioni della vecchia Cosenza è dato leggere, e in piú di un passo, almeno per quanto permettono le distruzioni e le manomissioni subite, i segni evidenti dei limpido clas¬sicismo dell’artista; come è nel palazzo Cavalcanti, in corso Telesio, il quale invece che in chiave catalana, come è stato proposto di recente, va letto meglio come affermazione assai precoce del tipo di composizione mormandea di cui le ornamentazioni angolari ripetono il carat¬teristico linguaggio nei capitelli ionici con ovoli e scanalature di ascen¬denza maianesca, su due livelli tanto che si potrebbe anche sospettare che le ornamentazioni siano solo le parti superstiti in seguito ai vari rifacimenti fra cui il «restauro» del 1772 attestato da una lapide sull’in¬gresso nella via del Liceo di fasce marcapiano poi abolite per la costruzione di balconi; a cui dovevano far riscontro lesene verticali simili a quelle angolari e a quelle rimaste nella parte inferiore sinistra, racchiudendo la volumetria dell’edificio in un telaio di scansioní ritmi¬che come nei palazzi napoletani Di Capua e Corigliano.
Piú chiaro e piú evoluto il linguaggio del palazzo De Matera, nella vicina salita A. Serra, il cui classico portale con stipiti, arco, clipei e data 1520 rientra senza riserve in una definita accezione classici¬stica di tipo mormandeo da ricordare molto da vicino l’impostazione del portale del palazzo Di Capua Marigliano a Napoli.
Chiari riflessi di una simile temperie culturale, si colgono anche a Vibo Valentia dove la chiesa di San Michele costituisce quasi una tra¬sposizione nella facciata ad onta dei rifacimenti subiti e nonostante che l’inserto del portale si discosti da quello canonico mormandeo della tipologia affermata dal Mormando nella chiesa napoletana di San¬ta Maria della Stella accentuata anche dalla presenza sul coronamento del tetto di vasi ornamentali ora perduti, ma di cui rimangono le tre basi a testimoniare la presenza; e sulla linea di svolgimento di tali presupposti classicìstici dovrà inserirsi anche la chiesa di San France¬sco di Paola a Cosenza, in seguito ampiamente manomessa.

F in qui la mia ricerca.

Voglio però stimolare ed invitare tutti i giovani o meno giovani mormannesi a prodigarsi in ulteriori ricerche, al fine di pubblicare una più corposa indagine sul nostro emerito concittadino.

Ovviamente ogni singolo intervento sarà ampiamente citato, anche con brevi cenni biografici, nella, mi auguro, importante monografia che daremo alle stampe. Grazie.

Per informazioni e contatti:

creaprofdom@yahoo.it – Tel. 3294077909

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