Mormanno, il tesoro che non possiamo perdere. Da www.mmasciata.it

Cari Amici,
mi piace qui riproporre  un articolo  che esprime, con non comune sensibilità, il punto di vista di una calabrese sul nostro paese.
Da www.mmasciata.it
Mormanno, il tesoro che non possiamo perdere, di MARIAROSARIA PETRASSO
“Mormanno rischia di chiudere, bisogna fare qualcosa” . Questo il monito di Guglielmo Armentano, sindaco del paesino colpito dal tremendo sisma del 26 ottobre. Inagibili otto chiese su dieci, l’ospedale, il supermercato e trenta abitazioni nel centro storico. Sotto la pioggia battente i tecnici stanno valutando di chiudere anche la caserma dei carabinieri  e la strada provinciale, il costone di roccia che sovrasta il paese minaccia la periferia nord, dove abitano circa 70 famiglie.
Mormanno è un pugno di case che si aggrappano a una montagna, le tegole trattenute dai sassi come si faceva una volta, quando la costruzione era frutto dell’ingegno, capace di realizzare balconi a forma di conchiglia, dalle curve morbide, quasi sensuali. E poi il sorriso rivolto allo straniero, gli sguardi curiosi che incrociano quelli colmi di meraviglia a quel muretto vicino al campanile, sulla soglia di una porta che divide l’anima del paese, fatto di vicoli e occhi dietro alle tende, dalla piazza che stupisce con la sua chiesa madre.
Era questa Mormanno prima dell’emergenza, prima dell’urgenza di raccontare di crepe nei muri e persone addormentate nelle auto. Questo è quello che si rischia di perdere.
Prima e dopo solo un paese nel cuore del Pollino, meta di un turista che rimane fuori dal solito circuito e arriva dalla Francia, dal Belgio e dalla Germania con lo zaino in spalla alla ricerca di cime e pini loricati che i calabresi stessi ignorano di avere. Un paese da percorrere a piedi, che nasconde tesori che rischiano di perdersi nel buio dei riflettori già spenti. Come le cripte sotto il duomo di Santa Maria del Colle, dichiarato inagibile dopo la scossa del 26 ottobre. Negli ambienti sotterranei, che ancora conservano l’odore del recente restauro, oltre ai sedili funebri, le colonne di tufo e le volte a crociera, si conservano i resti della prima chiesa con gli altari parzialmente affrescati. Un ripristino portato avanti con costanza, completato nella scorsa estate e valorizzato dagli stessi mormannesi che non perdono occasione per raccontare la storia del loro paese.
Capita anche di entrare in un ristorante e scoprire che Mormanno è un presidio slow food per la coltivazione di una speciale varietà di lenticchia, oppure di dormire in un bed&breakfast, antica dimora del barone Tufarelli e poi sede di una scuola fondata da don Francesco Maria Sarubbi per perdersi in una collezione privata di libri antichi, con testi risalenti al 1500.
Bastava rimanere lì qualche giorno di mezza estate, passeggiare il pomeriggio per la piazza vociante di bambini e anziani aggrappati ai loro bastoni per farsi raccontare una storia. Non era nemmeno difficile essere fermati da un paio di occhi cerulei, incorniciati da sopracciglia biondissime, che chiedevano informazioni in un inglese da nord Europa.
Quando tutti smetteranno di parlare del terremoto rischierà di perdersi anche la memoria del campionato nazionale di canoa che si è tenuto lo scorso maggio nel laghetto artificiale di Mormanno, grazie alla buona volontà di un’amministrazione che ha compreso che l’economia dei paesi montani deve essere soprattutto basata su un’offerta turistica che non snaturi le caratteristiche del luogo.
Fuori dalla cronaca di una tragedia, rimane uno di quei paesi che passano inosservati, di cui s’ignorano le bellezze, la cui gente ha solo da insegnare in quanto a ospitalità e capacità di valorizzare il loro microcosmo nascosto tra le cime del Pollino.
Questa è la Calabria che non possiamo permetterci di perdere.

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