L'idea di Democrazia in Italia

L’idea di democrazia in Italia
A pochi giorni dalla ricorrenza dei 150 anni dall’unità di questa nostra Italia, mi solletica l’idea di dare uno sguardo retrospettivo alla Storia ed alla Letteratura italiana per individuare i primi segni di un’idea, pur vaga, di Democrazia.
Per questa ricerca, tenterò di esaminare, iniziando dal XVIII secolo, il pensiero di Parini, Alfieri, Foscolo, e dello storico Vincenzo Cuoco, per giungere agli artefici dell’unità, Mazzini e Cavour.
In Parini i problemi politici hanno per lo più solo una dimensione morale e si sciolgono in espressioni soprattutto satiriche.
E’, la sua, una satira certamente acuta, in grado di evidenziare la contrapposizione tra classi che soffrono e vivono di stenti e i signori, in genere «giovini», che se la godono tra cipria e parrucche.
Ma di una volontà di democrazia, anche in senso classico, non se ne parla.
In Alfieri c’è una affermazione di individualismo libertario, che sfocia in odio contro la tirannide: non c’è un vero pensiero politico, ma solo della sensibilità politica.
Anche in Foscolo c’è poco o niente che possa concretizzarsi in un’idea di democrazia. Dall’iniziale entusiasmo per Napoleone liberatore, che si trasforma poi nella delusione del trattato di Campoformio, l’idea di democrazia non riesce a lievitare e a divenire un preciso ideale politico.
Quanto al pensiero di Cuoco, ai più è apparso troppo circoscritto in un contesto ideologico del tutto settecentesco perché vi si possa individuare un barlume di democrazia.
E’ solo, quindi, nel periodo del Risorgimento che l’idea si fa strada.
Mazzini non ha mai idee molto nette e precise sugli ideali cui ispira la sua lunga e sofferta battaglia politica, ma alcuni punti in lui rimangono fermi:
1.che la libertà non può esser mai il solo fine di un’azione politica, ma lo strumento per l’instaurazione di un ordine più vasto;
2.che la libertà non è tale se sono pochi a goderla, e che diventa veramente tale solo quando tutto il popolo ne sia veramente partecipe.
E il popolo diviene, quindi, il protagonista del pensiero di Mazzini, l’elemento determinante della stessa libertà.
Questa visione della democrazia è naturalmente legata non solo al concetto di eguaglianza, ma anche che la libertà è sinonimo di patria, e patria di indipendenza, per cui questi termini divengono indissolubilmente congiunti.
Democrazia, patria, indipendenza, uguaglianza, libertà sono tutti termini di quel grande disegno.
Mazzini, perciò, intende la democrazia come partecipazione di tutto il popolo alla vita pubblica: la libertà non avrebbe senso se solo una parte potesse goderne.
Non esplicita, però, in che modo il popolo possa partecipare e quindi la complessiva struttura dello stato mazziniano risulta piuttosto vaga.
Per Cavour quel senso di indispensabile interazione tra governo di popolo, libertà e
uguaglianza, che rimane fondamentale in Mazzini, non è al centro dei suoi pensieri.
Egli è molto più pratico e vede solo quelle forze e quelle possibilità che gli permettano di realizzare il suo programma.
All’accettazione, perciò, dell’idea democratica egli arriva molto più tardi, soltanto al tempo della sua politica delle grandi annessioni plebiscitarie.
Allora riempirà i suoi discorsi di governo di popolo e di suffragio allargato, anche se occorre riconoscere che in lui non c’è mai la piena accettazione dell’idea democratica nelle ovvie conseguenze politiche.
E quindi democrazia sarà ancora per molto tempo una parola vuota, priva di senso.
Per avere una vera carta costituzionale democratica noi Italiani dovremo attendere qualche anno dopo la fine della seconda guerra mondiale, il 1948, e dobbiamo, purtroppo, prendere atto che ancora oggi essa non è stata completamente attuata!

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