L'Uomo ed il Tempo :Il calendario romano (1^ Parte)

Il Calendario romano (I^ Parte)
Un breve servizio televisivo sulle odierne piccole discrepanze tra il calendario in uso e quello astronomico ha risvegliato la mia curiosità sull’argomento.
Ho voluto così almeno ricomporre le frammentarie nozioni scolastiche in mio possesso, sperando di attirare anche la vostra attenzione sulle straordinarie capacità degli antichi di studiare il cielo sopra di noi.
Anche per ricordare a noi stessi di quanto siamo debitori nei confronti della civiltà romana, che ha permeato la gran parte della nostra Cultura; termine onnicomprensivo per indicare usi, costumi, tradizioni, lingua, letteratura, modo di essere e di pensare non solo di noi italiani ma anche di buona parte dell’Europa.
Da vari testi abbiamo appreso che nei tempi più antichi l’anno romano era diviso in dieci mesi e cominciava con il mese di marzo.
Al tempo del re Numa sarebbero stati aggiunti i mesi di gennaio e di febbraio. Dal 153 a. C. l’anno cominciò il 1° gennaio.
Fino al 46 a. C. i mesi erano lunari e la durata dell’anno era di 355 giorni: i mesi erano tutti di 29 giorni, tranne febbraio che ne aveva 28 e marzo, maggio, luglio e ottobre che ne avevano 31.
I nomi dei mesi erano: Ianuarius (sacro a lanus, Giano, dio degli inizi), Februarius (da februa, solennità della purificazione), Martius (sacro al dio Mars), Aprilis (forse da aperio, per indicare il mese in cui la natura si apre alla vita), Maius (forse da Maio, dea della vegetazione), lunius da luno, Giunone, dea della prosperità), Quintilis (quinto mese dell’anno antico; poi dal 44 a. C., Iulius, in onore di Giulio Cesare), Sextilis (sesto mese dell’anno antico; poi, dall’8 a. C., Augustus, in onore di Augusto), September, October, November, December (rispettivamente settimo, ottavo, nono e decimo mese dell’anno antico).
Per indicare i giorni del mese i Romani consideravano tre particolari giorni fìssi:
Calende (= Kalendae, àrum, f.): cadevano il 1° giorno del mese;
None (=Nonae, àrum, f.): cadevano il 5° giorno del mese;
Idi (= Idus, uum, f.): cadevano il 13° giorno del mese.
Nei mesi di marzo, maggio, luglio e ottobre , (termine mnemonico MARMALUOT), che nel vecchio calendario erano i più lunghi, le idi cadevano il 15 del mese; di conseguenza le none, che capitavano nove giorni prima delle idi, erano posticipate al giorno 7.

Secondo lo scrittore latino Macrobio (Saturn., I, 15) la parola Kalendae (da Kalare = chiamare) indicava il primo giorno del mese, quello del novilunio, perché in esso un pontefice minore, «chiamato» il popolo sul Campidoglio, proclamava il numero dei giorni (5 o 7) che restavano per giungere alle none.

Le Nonae ebbero questo nome perché ricorrevano nove giorni prima delle idi; coincidevano con il primo quarto della luna.

La parola Idus deriverebbe, sempre secondo Macrobio, dall’etrusco iduare. corrispondente al verbo latino dividere, in quanto dividevano il mese in due parti pressoché uguali; le idi coincidevano con il plenilunio.

Per esprimere la ricorrenza dei tre giorni fissi, i Latini facevano uso del semplice ablativo, unito ai nomi dei mesi, usati regolarmente come aggettivi:
Kalendis Ianuariis (abbreviato Kal. L Ian.)=1° gennaio
Nonis Ianuariis (abbreviato Non. Ian.) =5 gennaio
Idìbus Ianuariis (abbreviato Id. Ian.) =13 gennaio
Kalendis Martiis (Kal. Mart.) =1° marzo
Nonis Martiis (Non. Mart.) =7 marzo
Idìbus Martiis (Id. Mart.) =15 marzo

Per esprimere il giorno immediatamente precedente o successivo ad uno dei tre giorni fissi, i Latini adoperavano gli avverbi prìdie (= il giorno prima) o postridie (= il giorno dopo) seguiti dall’accusativo :

prìdie Kalendas Ianuarias (prid. Cal. Ian.) =31 dicembre
postridie Kalendas Ianuarias (post. Kal. Ian.) = 2 gennaio
pridie Nonas Ianuarias (prid. Non. Ian.) = 4 gennaio
postridie Nonas Ianuarias (post. Non. Ian.) = 6 gennaio
pridie Idus Ianuarias (prid. Id. Ian.) = 12 gennaio
postridie Idus Ianuarias (post. Id. Ian.) = 14 gennaio

Per esprimere gli altri giorni si contano quelli che mancano al successivo giorno fìsso, includendo nel computo tanto il giorno di partenza quanto quello dell’arrivo.
Il numero risultante, espresso con l’ordinale in ablativo con die, è seguito da ante e l’accusativo della data fissa:
die tertio ante Nonas Ianuarias (III a. Non. lan.) = 3 gennaio
die octdvo ante Kalendas Maias (Vili a. Kal. Maias) = 24 aprile

Più comunemente la preposizione ante veniva anticipata in modo da reggere in accusativo lo stesso nome con dies l’ordinale che l’accompagna:
ante diem tertium Nonas lanuarias (a.d. IlI Non. Ian.) = 3 gennaio
ante diem octdvum Kalendas Maias (a.d. VIlI Kal. Maias) = 24 aprile
Le formule del tipo ante diem tertium Nonas Ianuarias divennero convenzionali e furono considerate, grammaticalmente, come un solo vocabolo invariabile.
Es.: ex ante diem octavum Idus Martias usque ad pridie Kalendas Maias
quindi dall’8 marzo al 30 aprile.

Dopo la riforma giuliana del 46 a. C., anche i Romani registravano ogni quattro anni, come noi, un anno che presentava un 366° giorno; mentre noi però collochiamo questo giorno alla fine del mese di febbraio, i Latini lo inserivano tra il 24 e il 25 dello stesso mese.
Febbraio finiva così per avere due 24, dei quali il primo era regolarmente detto dies sextus ante Kalendas Martias e il secondo, vale a dire il giorno intercalato, era detto dies bis sextus ante Kalendas Martias.
Di qui l’appellativo di bisestile dato all’anno di 366 giorni.
Per dare l’indicazione di un determinato anno, i Romani si servivano di due modi :

a) segnavano in caso ablativo i nomi dei due consoli in carica nell’anno da indicare .
(I due nomi vengono di norma citati senza la copulativa et se sono preceduti dal prenome; vengono congiunti dalla et se i prenomi sono omessi).
Es.: Augustus natus est M. Tullio Cicerone C. Antonio consulìbus = Augu¬sto nacque sotto il consolato di Marco Tullio Cicerone e di Caio Antonio
Vergilius Maro natus est Pompeio et Crasso consulìbus = Virgilio Marone nacque sotto il consolato di Pompeo e di Crasso.

b) usavano, di solito, le espressioni ab urbe condita (abbr. ab u. c.), che vale «dalla fondazione della città», o post urbem condìtam (abbr. p. u. c.), che vale «dopo la fondazione della città», con riferimento alla data dell’origine di Roma, fissata tradizionalmente ad un anno che per noi corrisponde al 753 prima della nascita di Cristo.
Es.: Augustus natus est anno sexcentesìmo nonagesìmo ab urbe condìta = Augusto nacque il 690 dalla fondazione di Roma.

 












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