Anniversari in pochi cenni: Vincenzo Monti (1754-2014)

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Anniversari in pochi cenni: Vincenzo Monti (1754-2014)
Vincenzo Monti nasce il 19 gennaio 1754 ad Alfonsine (Ravenna), studia nel seminario di Faenza, dove per la prima volta si avvicina al mondo della poesia. Su ordine genitoriale si iscrive all’Università di Ferrara per studiare medicina; ma nel frattempo debutta anche come poeta.
Dal 1778 Monti si reca a Roma, Firenze, per poi fare tappa a Bologna e Venezia prima di stabilirsi a Milano. È il 1797, ma già due anni dopo, con la caduta della Repubblica Cisalpina e l’arrivo delle truppe austriache a Milano, decide di rifugiarsi a Parigi, dove rimane per due anni.
Tornato a Milano nel 1801, il poeta collabora alla realizzazione di un'”Antologia della letteratura italiana” curata da Pietro Giordani, scrive alcune opere in onore di Napoleone e insegna poesie ed eloquenza all’università di Pavia. Nel 1804 arriva la nomina a del governo italiano, giunta direttamente da Napoleone (diventato nel frattempo Imperatore).
E’ così che Vincenzo Monti diventa il rappresentante più importante della cultura napoleonica ufficiale: negli anni seguenti la sua produzione sarà dedicata quasi completamente alla celebrazione dell’imperatore.
Dopo la sconfitta di Napoleone si pose al servizio degli Austriaci e per questo fu definito “banderuola” .
Ma qui interessa non l’uomo, bensì il Poeta.
Per il Monti il neoclassicismo, alla base di una copiosa produzione, è un abito mentale, il frutto di un’educazione maturata sui classici, un gusto legato ad una moda letteraria e culturale, un’ornamentazione retorica e tematica ( la mitologia ) da applicare a volte anche a contenuti che la cronaca ed il ruolo di poeta encomiastico cortigiano e d’occasione gli suggeriscono.
E tuttavia il Monti non è sempre poeta neoclassico, ma accoglie anche suggestioni assai diverse con identica disponibilità.
Sin dal Leopardi, che 1o giudicava poeta veramente dell’orecchio e dell’immaginazione, del cuore in nessun modo , la critica ha espresso giudizi abbastanza severi sull’ispirazione e l’autenticità del Monti: si può forse giungere a riconoscere, col Sapegno, che talora nel Monti la letteratura è ripiegaménto nostalgico di un umanista attardato verso un mondo di belle forme ormai svuotate di ogni sostanza ; gli si possono riconoscere, oltre all’indubbia perizia formale da virtuoso della parola, un gusto scenografico, un entusiasmo del vedere e far vedere scene grandiose e in movimento e la meraviglia e l’efficacia che ne derivano (Binni).
Egli ricorre spesso al mito e agli echi di un neoclassicismo_grandioso ed eroico (Binni).
Ma il Monti è grande davvero come poeta neoclassico soltanto quando si immerge totalmente nell’antico: La sua perizia di versificatore, la sua profonda conoscenza della letteratura antica trova la misura del quando si dedica alla traduzione dell’ lliade (1810-1811) in endecasillabi sciolti, che viene ritenuta, ancora oggi, l’opera più rappresentativa del neoclassicismo italiano.
L’opera è il suo lascito maggiore e una pietra miliare della diffusione del Poema omerico per molte generazioni di letterati e di studenti (anch’io da giovane ne rimasi veramente affascinato), ma anche e soprattutto capolavoro del gusto neoclassico d’età napoleonica, che tanti, ancor oggi, ricordiamo a memoria:
Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l’ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei, molte anzi tempo all’Orco generose travolse alme d’eroi, e di cani e d’augelli orrido pasto lor salme abbandonò (così di Giove l’alto consiglio s’adempìa), da quando primamente disgiunse aspra contesa il re de’ prodi Atride e il divo Achille.
……….
La traduzione è condotta secondo i dettami della poetica del tempo, riveduta e corretta però alla luce del nuovo contesto storico-culturale in cui si colloca: si tratta di una ripresa tardiva […] della poetica del Winckelmann, la quale acquista nell’Iliade montiana un nuovo significato, intendendosi per “nobile semplicità e quieta grandezza” non tanto l’apparente imperturbabilità della forma sotto cui si agitano le passioni (“come la profondità del mare che resta sempre immobile per quanto agitata ne sia la superficie”) quanto la monumentalità delle singole figure, dei singoli gesti, della costruzione nel suo insieme, alla quale non nuoce la rappresentazione anche a tinte forti delle passioni, pur con una tendenza spontanea al patetico e al melodrammatico più che al tragico (Barbarisi).
Egli riuscì a fare di quella traduzione un’opera di grandissima divulgazione, caratterizzando così la cultura ed il gusto di quel periodo, creando un vero capolavoro, nel quale realizzò la fusione dello stile di due epoche, quella di Omero e di Ossian, realizzando così il più felice dei suoi eclettismi
I1 Neoclassicismo, ma ancor di più le suggestioni del preromanticismo e del Romanticismo incipiente, sono tutti significativamente già presenti in questo capolavoro; perciò ancor oggi, a distanza di oltre due secoli, il suo autore merita di essere ricordato come un grande Poeta.
Vincenzo Monti morì a Milano il 13 ottobre 1828.

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