Angelo Poliziano : dalle Rime «Ben venga Maggio»
Metro:ripresa formata da un quinario e da un settenario a rima baciata (xx),
poi otto strofe di sei settenari, con schema ababbx.
In chiusura di ogni strofa ritorna sempre la stessa parola, «maggio».
Ben venga maggio
e ‘l gonfalon selvaggio!
Ben venga primavera,
che vuol l’uom s’innamori:
e voi, donzelle, a schiera
con li vostri amadori,
che di rose e di fiori,
vi fate belle il maggio,
venite alla frescura
delli verdi arbuscelli.
Ogni bella è sicura
fra tanti damigelli,
ché le fiere e gli uccelli
ardon d’amore il maggio.
Chi è giovane e bella
deh non sie punto acerba,
ché non si rinnovella
l’età come fa l’erba;
nessuna stia superba
all’amadore il maggio.
Ciascuna balli e canti
di questa schiera nostra.
Ecco che i dolci amanti
van per voi, belle, in giostra:
qual dura a lor si mostra
farà sfiorire il maggio.
Per prender le donzelle
si son gli amanti armati.
Arrendetevi, belle,
a’ vostri innamorati,
rendete e cuor furati,
non fate guerra il maggio.
Chi l’altrui core invola
ad altrui doni el core.
Ma chi è quel che vola?
è l’angiolel d’amore,
che viene a fare onore
con voi, donzelle, a maggio.
Amor ne vien ridendo
con rose e gigli in testa,
e vien di voi caendo.
Fategli, o belle, festa.
Qual sarà la più presta
a dargli el fior del maggio?
Ben venga il peregrino.
Amor, che ne comandi?
Che al suo amante il crino
ogni bella ingrillandi,
ché gli zitelli e grandi
s’innamoran di maggio.
a lingua è il toscano della tradizione letteraria, con alcuni elementi più popolari (“uccelli” al posto di “augelli”, v. 13; “ingrillandi” v. 48). Al v. 31 “furati” è latinismo per “rubati”, mentre al v. 41 “caendo” (cercando) deriva dal fiorentino letterario.
Il testo descrive i riti che si svolgevano il primo giorno di Maggio (Calendimaggio) a Firenze e in altre città toscane, quando i giovanotti offrivano alle loro innamorate dei rami fioriti (il “gonfalon selvaggio”, inteso come simbolo agreste dell’amore) e venivano da loro incoronati con ghirlande prima di combattere in loro onore nella giostra, usanza ancor oggi viva ad es. a Montepulciano di cui Poliziano era originario.
L’autore invita in modo edonistico le ragazze a cedere ai loro spasimanti e a non respingere il richiamo amoroso, specie in questo periodo dell’anno (la primavera) in cui tutte le creature, animali compresi, si risvegliano all’amore.
Il tema è largamente presente nella letteratura del Quattrocento, ad es. nella ballata “I’ mi trovai, fanciulle…” dello stesso Poliziano e nel “Trionfo di Bacco e Arianna” di Lorenzo de’ Medici, in cui si esprime lo stesso richiamo a godere dell’amore quando si è giovani e si è ancora in tempo per essere felici.
La conclusione del testo mostra il dio Amore (definito “angiolel”, simile a un angioletto dell’iconografia cristiana) che giunge a comandare a tutti, giovani e adulti, di abbandonarsi serenamente al desiderio.
In questa ballata l’Autore descrive i riti di Calendimaggio, ma qui il Poeta riesce a trasfigurare poeticamente la materia, idealizzandola in una visione di gioventù gioiosa, e la sua meta è di raggiungere un’atmosfera vaga e suggestiva.
In particolare, nell’Italia centro-settentrionale, è ancora vivo il ricordo del Calendimaggio che aveva una funzione propiziatoria; in cambio di doni (uova, vino, dolci), i giovani cantavano stornelli in ottave: Ad es: “ O massaina dalla gonnella a strisce, datemi un uovo che maggio fiorisce“. Oppure : “Siam venuti a farvi festa e omaggio / o brave donne or che torna maggio”.
Nell’Umanesimo la riscoperta dei classici e la centralità che acquista l’essere umano nella lettura del mondo degli intellettuali umanisti è intesa come fulcro di una critica di rottura della cultura medievale.
Il modello classico viene studiato e imitato nei suoi aspetti formali caratterizzati dalla ricerca di equilibrio ed eleganza, una ricerca che favorisce ed accompagna una nuova sensibilità per la bellezza e l’armonia che si esprime a tutti i livelli: dalle rappresentazioni pittoriche a quelle scultoree, architettoniche e, ovviamente, nelle opere letterarie.
La classicità viene assunta come modello ideale che inaugura un modo di pensare decisamente più laico che scardina il predominio della teologia che aveva caratterizzato la cultura europea fino a tutto il Trecento.
Leopardi, dopo la splendida immagine de “il maggio odoroso” in A Silvia, scriveva ne Le ricordanze “…Torna maggio e ramoscelli e suoni/van gli amanti recando alle fanciulle…” sottolineando che il fiorire della natura è sempre stato celebrato, fin dai tempi più lontani, con canti, danze, ornamenti floreali e vegetali.
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L’atmosfera di questa ballata è decisamente pagana e l’invito ad abbandonarsi all’amore è in armonia con gli altri testi del periodo e in generale con la visione della vita propria dell’Umanesimo:l’Edonismo.
Per edonismo, infatti, s’intende un modo di pensare che identifica la ricerca del bene con quella del piacere, ed è un concetto strettamente legato ad alcune filosofie greche come l’epicureismo o quella della scuola cirenaica di Aristippo, il quale associa il bene morale con il piacere che ciascun essere umano può provare momento per momento.
1 G.Trombadori: Le stanze, l’Orfeo, le Rime-Vallardi, Milano 1940
2 N. Sapegno: Nuova Antologia 1938