18 Dicembre: GIORNATA DELL’EMIGRANTE
Nel febbraio 2001 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 18 dicembre “Giornata internazionale dei migranti”.
Il fenomeno, a volte dramma, dell’emigrazione, negli anni, ha certamente stravolto il territorio della Calabria, non solo trasformando tradizioni, usi e costumi di un Popolo, ma riducendo sensibilmente la popolazione, emigrata in Europa e nel Mondo, e condannando all’abbandono paesini e borghi abbarbicati per lo più alle colline dell’entroterra.
Basti pensare che oggi la popolazione della Calabria è di circa 1.950.000 abitanti, mentre, nel corso di 155 anni, dall’Unità d’Italia ai giorni nostri, è probabile che siano emigrati dalla Calabria circa 3.000.000 (!) di persone, e se i dati sono veritieri, sono più numerosi i Calabresi che vivono fuori dalla Regione, ai quali bisogna inoltre aggiungere i discendenti, figli e nipoti, calabresi di origine e di cognome.
Fin dal suo nascere come nazione indipendente l’Argentina attuò una politica di incentivo all’immigrazione.
Dobbiamo però arrivare al 1876, sotto il governo del presidente Nicolás Avellaneda, per incontrare la prima legge organica sulla materia: il 6 ottobre di quell’anno veniva approvata la legge n. 817 sull’immigrazione e la colonizzazione.
Suo scopo era raccogliere e ordinare in un unico testo normativo le disposizioni emanate in precedenza sull’argomento.
Non mi è possibile qui descrivere i contenuti e l’incidenza di una legge che ha avuto una vita sorprendentemente lunga (fu abolita solo dalla legge n. 22.439, emanata dal governo militare del generale Videla, nel 1981!).
Negli anni successivi la legge sull’immigrazione cambiò molto poco e rimase fissata dall’art. 12 della legge n. 817: «Deve ritenersi immigrante, agli effetti di questa legge, ogni straniero, lavoratore a giornata, artigiano, industriale, agricoltore o professore, che avendo meno di 60 anni di età e dando prova di buona condotta e di capacità, arrivi in Argentina per stabilirvisi, in nave a vapore o a vela, pagando il biglietto di seconda o di terza classe, o con il biglietto pagato dallo Stato o dalle province o da imprese private di immigrazione e di colonizzazione» .
Due elementi distinguono le liste di tutti i passeggeri che giungono in Argentina: A) Sono annotati coloro che dichiarano di voler ricorrere ai benefici della legge n. 817 e che saranno ospitati nell’ Hotel de inmigrantes; B) Le liste contengono il luogo di ultima residenza e non solo la nazionalità.
È possibile quindi ricostruire, a partire dal 1901, le partenze per l’Argentina distinguendole per Regioni, Province e anche per Comuni.
Il dato è importante perché dal 1900 riprendono i flussi migratori italiani verso l’Argentina, raggiungendo proprio nel 1906 il volume massimo del trend storico: 127.348 unità.
Vittorio Galli dalle pagine de l’Eco d’Italia, giornale in lingua italiana edito a Buenos Aires, ricorda la storia dell’emigrazione calabrese in terra argentina.”L’emigrazione dalla Calabria – scrive Galli – è un fattore storico e sintomatico, fa parte della storia stessa di questa regione come un capitolo importante.
A partire dai primi anni del 1900 si sono riversate in Argentina tante persone quante residenti in Calabria, e qui si sono radicati con operosità, con capacità lavorativa non indifferente in quasi tutti i settori: tra i più importanti l’edilizia e la pesca.
Oggi, a Mar del Plata, esistono alcune importanti imprese ittiche che sono gestite da calabresi: non si tratta solo di pescatori, ma di capaci imprenditori che hanno creato strutture di conservazione, lavorazione, trasformazione ed esportazione del pesce con rilevanza internazionale.
Egualmente – prosegue – nel settore edile si sono distinte persone divenute tra i personaggi più conosciuti in Argentina in tale ambito.
Settori specifici sono oggi diretti dai calabresi: tra questi, oltre alla pesca e all’edilizia, vi è il turismo, la floricultura e l’agricoltura, ed all’interno della Camera di Commercio italiana a Buenos Aires vi è una specifica Associazione di imprenditori calabresi.
Così il raggruppamento di persone e la collaborazione tra gente della stessa terra sia stato e sia tutt’oggi molto importante”(aise).
Un illustre figlio di Calabria in Argentina fu Domenico Perrupato di Mormanno : Presidente della Commissione del giornale “l’Operaio italiano”, uno dei quattro membri che raccolsero fondi per oltre 100 mila pesos per la costruzione dell’Ospedale Italiano a Buenos Aires; fece parte della Direzione del “Nuovo Banco Italiano” (poi Banco de Credito Argentino) e fece costruire il Teatro Broadway di Av. Corrientes 1279.
Gli italiani che arrivarono invece a São Paulo, in Brasile, all’inizio del XX secolo provenivano nella maggior parte dal Meridione d’Italia, (Cosenza, Potenza, Salerno), ed erano quasi tutti di estrazione contadina ed operaia.
Importante, per i nuovi arrivati, fu l’appoggio fornito dalla rete di relazioni con i connazionali.
Nella rapida crescita di città come São Paolo gli Italiani e i Calabresi furono i protagonisti; ma qui, a differenza dell’Argentina, gli emigranti ebbero maggior fortuna.
Quelli di loro più intraprendenti abbandonarono le campagne ed il sogno di diventare piccoli proprietari terrieri e si avventurano nel settore dei servizi, nel commercio, al dettaglio e all’ingrosso, contribuendo notevolmente al rapido sviluppo delle città brasiliane. Bràs, Bexiga, Barra Funda, Bon Retiro, sono alcuni dei quartieri completamente italiani, luoghi dove gli emigrati rinsaldavano le relazioni fra paesani, conservavano la loro cultura, come testimoniano le numerose feste dei Santi Protettori dei loro paesi d’origine.
L’emigrazione forzata e selvaggia, che ha caratterizzato gli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo, ha anche lasciato il suo segno sui cognomi delle famiglie calabresi, che sono stati trapiantati nel mondo, dove si sono moltiplicati, ma che, in alcuni casi, sono completamente scomparsi in Calabria e in Italia.
In tempi moderni, a partire dal 1987 fino alla fine del 1999, dalla Calabria sono emigrati 43.872 cittadini e ne sono rientrati dall’estero 30.425, con un saldo netto di emigrazioni di 13.447 unità, e tali dati, desunti dalle registrazioni e cancellazioni anagrafiche da e per l’estero dei comuni italiani, sono stati elaborati dall’Istat a partire dal 1987 e pubblicati fino al 1999.
Nel corso dei 13 anni considerati sono emigrate dalla Calabria mediamente 3.375 persone ogni anno, con punte di 4.500 dal 1991 al 1994, e Cosenza è stata la provincia che nel corso degli anni Novanta ha avuto il maggior numero di emigrati con una media di 1.800 ogni anno, seguita da Crotone con 900.
Oggi oltre 60 milioni di persone di origine italiana vivono in paesi extra europei o Europei!
Sembra difficile da credere, ma oggi il numero di italiani all’estero supera quindi quello della popolazione italiana stessa.
L’emigrazione fu un grosso svantaggio per il Sud, perché perdeva le persone giovani, cioè le forze attive; i nostri compaesani emigrati, infatti, hanno affrontato la vita di petto, senza aspettarsi niente da nessuno, e questo, a mio avviso, è stato un grande atto di valore.
I nostri mormannesi, dopo la guerra, non avendo lavoro per vivere, sono emigrati in maniera dignitosa.
Si pensa spesso agli emigranti come fossero gli elementi peggiori di una terra, mentre sono stati i più intraprendenti, i più attivi; emigrarono perché non sopportavano una vita di stenti, perché non accettavano la rassegnazione, e quindi nella loro vita hanno lottato, affrontando l’ignoto.
Anche Mormanno è stata interessata dal fenomeno migratorio, fino agli anni ’50 del 1900 verso le Americhe (dove emigrarono per primo mio zio Ettore, poi le mie zie Orlanda con i cugini Vanda e Vincenzo, mia zia Angela col marito Giuseppe Laitano e la figlia Maria, mio cugino Raffaele Apollaro(bravo calciatore, detto Pariséddhru) , figlio di Ettore, con la madre Maradei Maria.
Partirono anche per il Brasile mia cugina Gemma col marito Antonio Armentano, padre di Biagio, e Pappaterra Antonio, marito di mia cugina Pina,padre di Valeria, ma essi poi rientrarono dopo alcuni lustri.
Ricordo che con alcuni di essi mia madre, Elvira Apollaro, e mio zio Francesco Apollaro (Ninnillo)ogni due/tre mesi avevano rapporti epistolari.
Alcuni cugini Raffaele,(che era tornato due volte a Mormanno, la seconda con la moglie Natalina), Maria, Vanda e alcuni loro figli, e (Cecilia, figlia di Raffaele, e famiglia:Raul, German, Roman; ma anche Adriana, figlia di Maria,e i suoi figli, li ho conosciuti ed abbracciati tutti durante un magnifico, emozionante, indimenticabile mio viaggio, in Argentina( e poi in Brasile) di qualche anno fa, insieme a mia figlia Veronica, a suo marito Eugenio ed ai loro bambini Francesco e Matteo,( poi essi visitarono anche la Patagonia).
Emozioni forti, che porterò sempre nel mio cuore.
Dagli anni ’60 invece l’ emigrazione mormannese si spostò verso il Nord Italia, la Francia, la Germania, mentre oggi sono i giovani, per lo più laureati, che abbandonano il paese natìo per emigrare nel mondo in cerca di opportunità di lavoro e carriera,
Occorrerebbe spulciare i documenti nell’Archivio comunale per avere un conto preciso dei nostri emigranti, ai quali possiamo solo rivolgere un doveroso pensiero e magari, nell’Agosto mormannese, inserire anche una “Giornata dell’Emigrante”.
Ricordo che negli anni ’70 il pomeriggio giocavo a carte nel Bar Piragino con l’invincibile Pasquale Cantisani e di fronte era parcheggiato il pullmann della Sasma per Scalea, con cui partivano i nostri emigranti.
E spesso io ed altri ci affacciavamo dal bar per dare ad essi un saluto ed un “buona fortuna, ed a tutti loro io ho dedicato queste poesie :
Fratello migrante*
Sovente mi torni alla mente negli occhi
nel cuore fratello migrante,uomo della mia
terra – della corriera il richiamo ci lacerava
le viscere, lì, nella piazza – dalle fiumare e
dall’ingrato aratro sul volto riarso solchi
scavati, e i foschi occhi smarriti sul bruno
volto della tua donna avidi erranti,
sui pargoli incoscienti, su noi che
restavamo con l’amaro in bocca.
Non piangere fratello migrante, uomo della
mia Terra: forse non tutti t’hanno dimenticato!
Per la Festa dell’Emigrante – 17 Agosto 2007
Nel cuore di tutti noi
Mormanno mio, ingrato e mai odiato,
(come potrei, se sempre io t’ ho amato !)
questo tuo figlio ormai stanco ritorna
per rivedere i luoghi dell’infanzia,
del vicinanzo la viuzza angusta,
la voce di mia madre che riecheggia.
Mormanno mio, ingrato e mai scordato,
(come potrei, se sempre ti ho pensato ?)
già con le gambe livide dal gelo,
e la buffetta con lo scarso cibo,
le toppe bicolori ai pantaloni,
vuote le tasche e solo pochi sogni,
di quella prima età non ho rimpianti.
Mormanno mio, ingrato e abbandonato,
(quel giorno lo ricordo come ieri !)
già gente nuova che comanda e dice
strane parole, ma almeno si lavora
e di nuovi sapori apprezzo il gusto
e piano piano mi riscopro grande.
Mormanno mio, ingrato e sempre amato,
(quanti palpiti al suono del tuo nome !)
il cuore nella piazza o al cimitero,
o della Chiesa grande i riti sacri o del
maiale l’urlo per la casa, e di parenti
e amici i dolci volti fissi negli occhi
stanchi e nelle mie preghiere a tarda sera.
Mormanno mio, ingrato ed adorato,
lo struscio lungo il corso, e la fagòna,
la soppressata e i trènari di Pasqua,
la statua dell’Assunta, e di San Rocco
le cinte in processione e là, sul pezzo,
la frutta di Laino e d’Orsomarso.
Mormanno mio, ingrato e sospirato,
nella mia vita molto sei mancato,
del Padovano le campane a festa,
di zà Rusina chiacchiere e polpette
odore di soffritto e peperoni, scambi
d’assaggi tra case vicine e dei miei cari
baci ed abbracci che portai nel cuore.
Mormanno mio, di nuovo son tornato,
e ti trovo comunque un po’ cambiato,
parenti e amici ogni volta di meno,
ma come tutti, uscito dal tuo seno,
dovendo poi lasciarti ad ogni rientro
un gran senso di vuoto avverto dentro,
e già sul prossimo ritorno mi concentro.
*D. Crea: Balenar d’ombre- il Coscile-Castrovillari-1997